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sabato, Aprile 27, 2024

Protezione civile: fatti, non parole.

AperturaProtezione civile: fatti, non parole.

di STEFANO FIORETTI

L’Agenzia Regionale della Protezione Civile, 218 professionisti sul filo della precarietà ed i cittadini del “cratere” che ancora patiscono le condizioni proibitive alle quali sono stati relegati dal sisma del 2002 sono oggetto di una disputa senza esclusione di colpi.

Un “triangolo fatale”, quello creatosi tra Michele Iorio, Ulisse Di Giacomo e Salvatore Ciocca: l’ex Presidente della Regione Molise, il Senatore del Nuovo Centrodestra di Alfano ed il Consigliere regionale PDCI di Frattura si stanno confrontando a stretto giro di stampa locale sulla spinosa questione dei lavoratori della Protezione civile regionale.

Di Giacomo, approdato finalmente al legittimo seggio dopo la decadenza di quel Berlusconi che, candidandosi in Molise, ne aveva impedito l’ingresso e Palazzo Madama, ha “caricato” Frattura e Ciocca, indicandoli come responsabili del dramma “di 218 persone che avevano vinto una selezione per prestare la loro opera per tre anni nella ricostruzione post sisma” generato secondo lui dalla “furia vendicativa” che fa protendere gli attuali governanti a distruggere quanto costruito durante la precedente legislatura, tanto da chiudere dopo un solo anno il rapporto di lavoro, con a quanto pare in cantiere una nuova selezione facente capo ad una trama forse fin troppo scontata. Il Senatore ha su questa base annunciata la propria diserzione al “summit” convocato in Prefettura, a meno che non venga “ripristinato lo stato di diritto sulla vicenda”.

Salvatore Ciocca, consigliere PDCI delegato alla ricostruzione e alla Protezione Civile, dal canto suo replica con la consueta dose di sarcasmo tipica degli interlocutori “mancini” o, se lo preferite, “rossi”, talmente copiosa da avvolgere nella nebbia concretezza e chiarezza. Egli addebita ai dirimpettai di aver creato tramite l’Agenzia Regionale di Protezione Civile una “macchina prelettorale”, contestando l’esistenza del “triennale” per i 218 ora appesi ad un filo e dirottando il ragionamento sulla perdurante situazione di precarietà dei cittadini a suo tempo “appiedati” dal sisma.

Michele Iorio è intervenuto da par suo, affermando che il problema dei precari cesserebbe di esistere al solo patto di applicare le disposizioni normative e stigmatizzando i propositi degli attuali amministratori regionali che a suo dire “non hanno mai gradito l’ARPC come riforma legislativa” e che starebbero utilizzando le proprie poltrone per dedicarsi ad un poco originale “balletto delle nomine”. Secondo l’ex Governatore  il taglio di quelle preziose professionalità ostacolerà ancora e sempre di più il percorso post terremoto e poiché la copertura finanziaria è garantita dalla legge regionale istitutiva i contratti in discussione possono essere rinnovati. Iorio rammenta poi, nella sua missiva, che “occorre essere impegnati in azioni di governo tese a trovare le soluzioni ai problemi della collettività”, definendo gli attuali detentori del potere molisano “azzeccagarbugli” e puri burocrati. Durissima la chiosa finale, la cui sostanza è: “Volete licenziare 218 professionisti e salvare i vostri  amici”.

Insomma, botte da orbi. Sullo sfondo della contesa c’è la lettera scritta proprio dai lavoratori, nella quale si denuncia il dirottamento dei fondi della Delibera CIPE destinati specificamente alla ricostruzione ma usati impropriamente a copertura di spese correnti di “personale diverso cooptato dall’Agenzia” e “recuperato” dalla vecchio Servizio per la Protezione Civile, nonché favoritismi, rinnovi illegittimi e “trattamenti particolari” in barba alla selezione pubblica ed alla meritocrazia.

 A sostegno e difesa dei 218 professionisti anche i sindaci del cratere che, come si legge in un ODG del 14 gennaio scorso a firma dei consiglieri regionali che impegnano la Presidenza a trovare soluzioni idonee, sono preoccupati perché “la mancata proroga dei contratti comporterebbe la paralisi dell’attività amministrativa con conseguenti ripercussioni sul tessuto economico e sociale per le imprese e le famiglie che continuano a vivere ancora in situazioni di disagio fuori dalle proprie abitazioni”.

La scena che si vive seguendo questa diatriba è quella di un gatto vivacissimo che fa scempio di un gomitolo di lana. Poco consolante è per tutti noi prendere atto che una volta di più la politica preferisce litigare piuttosto che fare squadra anche su questioni piuttosto importanti se non drammatiche. Sulla vicenda dei 218 “precariandi” pare di cogliere in effetti comunque una volontà degli attuali governanti regionali di confutare l’operato dei predecessori e di revocare un “impianto” che oggettivamente va tenuto in vita, soprattutto per salvaguardare le competenze e l’esperienza maturate dagli interessati, ammesso e non concesso che possa essere stato  all’origine anche un “contributo elettorale”. Come qualcuno ben più autorevole del sottoscritto ebbe a scrivere fin dal settembre 2013 su queste stesse colonne, al centro della questione c’è un’altra vera e propria ed ennesima “mina sociale” pronta ad esplodere. In buona sostanza bisogna ora trovare soluzioni adeguate per salvaguardare le tante famiglie coinvolte e questo al di là di ogni altra considerazione. In tal senso la politica nostrana dovrebbe per una volta dare prova di coesione e collaborazione, con nel mirino risultati concreti piuttosto che contrapposizioni sterili.

Speriamo bene.

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