8.8 C
Campobasso
sabato, Aprile 27, 2024

Corsi e ricorsi al Tar, il Molise pronto al testacoda. Frattura: “Se si vota rivinciamo noi”

AperturaCorsi e ricorsi al Tar, il Molise pronto al testacoda. Frattura: “Se si vota rivinciamo noi”

di PASQUALE DI BELLO

Si discutono davanti al Tar i ricorsi elettorali, tra questi quello che chiede l’annullamento delle elezioni e il conseguente ritorno alle urne. Le condizioni rispetto ai casi precedenti, Iorio e Di Stasi, oggi sono radicalmente diverse. Se nel passato le distanze tra i due schieramenti si aggiravano intorno alle mille schede, quelli che oggi dividono Frattura da Iorio sono oltre trentaseimila voti. Un vantaggio ampissimo che, se cancellato, oltre alle elezioni inficerebbe la stessa democrazia.

Tredici giugno, Sant’Antonio da Padova, anzi da Lisbona, perché Antonio era portoghese e non padovano. Nel giorno di Antonio, abituati come siamo a contrabbandare ogni cosa (pure l’anagrafe dei Santi), ci prepariamo a gabellare per sconfitta quella che è stata una clamorosa vittoria del centrosinistra alle ultime elezioni regionali. Distinguiamo subito, per evitare in nuce ogni contestazione di ordine giuridico: i ricorsi, salvo parere diverso dei giudici, sono tutti legittimi e legittimati sono tutti quelli che li hanno presentati. Sono invece tutti illegittimi, dal primo all’ultimo, a nostro modesto avviso, sul piano politico e della morale politica (ammesso che ve ne sia una) quelli che si propongono l’annullamento e la ripetizione delle elezioni. Si dirà, come dirà qualcuno stracciandosi le vesti e agitando codici e pandette, che nel diritto amministrativo la forma è sostanza e che quindi queste elezioni, se sono da rifare, è perché qualcuno ha sbagliato, ha imbrogliato, ha mescolato le carte. Vero anche questo, salvo precisare che in politica, i voti, sono sostanza ancor più della sostanza espressa dalla forma nel diritto amministrativo. I due casi precedenti, Iorio contro Di Stasi e Frattura contro Iorio, avevano insieme a quella formale una legittimazione e una valenza politica sostanziale che non nasceva dalla mera forma ma dalle urne. Nel primo, quanto nel secondo caso, le elezioni chi le perse le perse per un pugno di voti. Vi era, in buona sostanza, un elettorato diviso a metà e quel pugno di voti, messi dall’una o dall’altra parte, risultavano determinanti. Ecco perché la verifica che venne effettuata dal Tar e dal Consiglio di Stato ebbe una morale e una sostanza metagiuridica, tutta politica. Venne accertato in quelle circostanze, attraverso il controllo formale, chi effettivamente poteva aggiudicarsi le elezioni. Poteva, perché compito della Giustizia amministrativa era quello di accertare le irregolarità ma non di assegnare la vittoria a chi l’avrebbe meritata. Nel primo caso Iorio, perché a Di Stasi erano stati assegnati impropriamente i voti dell’Udeur, che invece non avrebbe dovuto concorrere alle elezioni stante gli errori nella presentazione della lista; nel secondo caso a Frattura, per le medesime irregolarità che, nel caso specifico, hanno riguardato la lista dell’Udc che non aveva le carte in regola per partecipare alla competizione. Vale ricordare che le distanze tra i due schieramenti, in tutti e due i casi, si aggiravano intorno ai mille voti. Oggi, con trentaseimila voti di scarto tra Frattura e Iorio il problema non si pone nei termini precedenti. Ecco perché sorprende la disinvoltura di chi in nome della forma vorrebbe cancellare una volontà popolare incontrovertibile. I molisani hanno scelto Frattura a chiare lettere e questo, firme o non firme, forma o non forma, è una distanza chilometrica che supera ogni prova di resistenza. Lo stesso non può dirsi per i casi precedenti.

Ecco perché, tra corsi e ricorsi, quello che manca in questa circostanza non è tanto il senso del ridicolo ma, in assoluto, il senso della democrazia. Nel frattempo, in attesa di recuperare l’uno e l’altro, non resta che aspettare il verdetto dei giudici. Sapremo da loro, e poi dal Consiglio di Stato, se si tornerà alle urne. Frattura, dal canto suo, è sereno: “Se si torna a votare – ci ha detto – rivinciamo noi” che, tradotto, significa: se si vota, rivinco io.

 

Ultime Notizie