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venerdì, Aprile 26, 2024

Udienza a Isernia per il pentito di mafia che doveva uccidere il giudice Borsellino

EvidenzaUdienza a Isernia per il pentito di mafia che doveva uccidere il giudice Borsellino

La sua presenza non è passata inosservata. Accompagnato da una figlia e dalla scorta, davanti al giudice di pace di Isernia si è presentato Vincenzo Calcara. Doveva essere ascoltato dal magistrato per le minacce che avrebbe subito da parte di un collaboratore di giustizia, in questo periodo domiciliato in un paese della provincia di Isernia. Pentito di mafia, con le sue dichiarazioni Calcara ha fatto finire in galera boss e fiancheggiatori di “Cosa nostra”. Era un killer quotato, usato solo per le missioni importanti. Nel settembre del ’91 fu contattato dal boss Francesco Messina Denaro. Gli affidò il compito di uccidere il giudice Paolo Borsellino. Lui accettò, sperava di fare carriera nella famiglia trapanese. Ma il piano saltò, perché due mesi dopo Calcara fu arrestato. In carcere la sua vita cambiò. Decise di incontrare il giudice Borsellino e di raccontargli tutto: “Con lui – ha detto in alcune interviste – avevo in comune una cosa: la morte. In lui vedevo la mia speranza perché capivo che se lui riusciva a salvarsi salvava anche me”. Calcara e Borsellino si incontrarono nel dicembre del ’91. Da allora per la mafia è diventato il nemico da abbattere. Il killer – allora 35enne – disse al giudice che era ormai condannato a morte; sembra che fu proprio lui a parlargli dell’acquisto di quell’esplosivo che poi in effetti fu utilizzato per uccidere il magistrato e la sua scorta in via D’Amelio. Ma cosa nostra a suo avviso non sarebbe l’unica colpevole di queste morti. Nei mesi scorsi, quando si è parlato di collegamenti tra le cosche e le istituzioni, in un’intervista al Tgcom calcara ha detto che “la mafia è un’entità in rapporto con altre entità, come i servizi segreti deviati e la massoneria. E Borsellino era riuscito a trovare le prove di questi collegamenti. Cosa nostra – ha concluso Calcara – non poteva decidere da sola la morte del giudice”. Ancora oggi il pentito di mafia vive sotto protezione. Gira con la scorta, senza identità. E’ il prezzo da pagare per la scelta di voltare le spalle alla mafia. Spesso si dubita dei pentiti, si pensa che parlino solo per avere sconti di pena. Ma questo è un caso diverso. Se c’è una famiglia su cui Calcara ha sempre potuto contare, è proprio quella del giudice Borsellino. Quando si è sentito abbandonato da tutti, loro hanno continuato ad aiutarlo e a restargli vicino.


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