8.8 C
Campobasso
venerdì, Aprile 26, 2024

Spending cucù: 70mila euro al giorno dalla Regione alle Ferrovie dello strazio

AperturaSpending cucù: 70mila euro al giorno dalla Regione alle Ferrovie dello strazio

di PASQUALE DI BELLO

Il Giornale del Molise, in esclusiva, ha raccontato la storia dei 32milioni di euro dovuti dalla Regione Molise a Trenitalia per il servizio viaggiatori. Un salasso da 7mila euro al giorno in cambio di servizi carenti e, spesso, sotto il limite della decenza.

Che peggio delle Ferrovie ci fosse solo la Regione Molise, questo lo avevamo già detto. Adesso, per evitare che l’assunto resti un’affermazione apodittica, cerchiamo di spiegarci. E spiegarci è molto semplice: il pessimo, raccapricciante servizio destinato ai molisani, costa la bellezza di 70mila euro al giorno, ammontando a 6milioni e 400mila euro la rata trimestrale del contratto di servizi sottoscritto dalla Regione Molise. Contratto, sia detto per inciso, in scadenza proprio quest’anno. Ovviamente, a questo, poi vanno aggiunti gli incassi derivanti dalla bigliettazione.

L’esborso, per capire l’entità della beffa e del danno, va poi messo in relazione con la qualità del servizio al quale non si può che riservare un aggettivo: miserrimo. Un superlativo che, tuttavia, non spiega bene l’entità del dramma di coloro che sono condannati a montare sulle tradotte che collegano il Molise al resto dell’Italia. L’Italia, sia detto anche questo per inciso, che per il Molise si ferma a Roma e Napoli. Al più a Termoli o Larino, ridenti località bassomolisane i cui collegamenti col capoluogo sono assicurati con materiale rotabile risalente a Garibaldi e Mazzini. Iperboli, le nostre, che purtroppo iperboli non sono. Noi non sappiamo a chi tra i lettori sia capitato di fare un viaggio tra Campobasso e Roma – meglio se andata e ritorno – esperienza che, per essere raccontata, presuppone una conoscenza approfondita delle più potenti sostanze allucinogene. Nemmeno un “viaggio” con LSD riuscirebbe a garantire le emozioni e le visioni di chi sale su uno dei trenini che ci collegano alla Capitale.

Porte che non si aprono e porte che non si chiudono, passaggi a livello che non si chiudono e passaggi a livello che non si aprono; scompartimenti fiammeggianti in estate e glaciali in inverno, aria condizionata che passa dall’ibernazione al phon portatile; scompartimenti e sedili talmente oleosi da farci bruschette per una caserma di qualche migliaio di marmittoni. Sistema computerizzato di viaggio (quello per il treno Minuetto) spesso in blocco con relativa sosta di ore in aperta campagna o dove capita con le chiappe in mezzo ai cinghiali. Scambi (se abbiamo ben capito) e passaggi a livello manovrati da Bari, dove hanno trasferito da Campobasso un qualche ufficio o struttura tecnica adibita a questi lavori. Ma questo, tutto questo, rispetto al sovraffollamento da festività o fine settimana non è nulla. Centinaia di persone costipate come in certe navi negriere di tempi lugubri e andati o come sardine dal pizzicagnolo. Ore e ore di ritardo, trasbordi da treno a pullman e da pullman a treno e poi, ciliegina sulla torta, i binari. Il mitico binario 20 bis alla stazione Termini e, di recente, quello 25 alla stazione Tiburtina. Nemmeno l’allucinata visione di Wim Wenders, quello dei tempi di Paris Texas, avrebbe immaginato tanta desolazione e tanto straniamento ferroviario. Basti dire che per arrivare al 20bis della Termini occorrono dei polpacci alla Rummenigge o alla Brigel per colmare la distanza tra la stazione e il punto di partenza: 400 metri di ordinaria follia per anziani, disabili o per qualsiasi povero cristo carico di bagagli o di acciacchi. Di recente, questo va detto per onestà, al binario 20bis sono state aggiunte delle comode panchine sulle quali potersi sdraiare al sole nell’estate torrida e sotto meravigliosi nubifragi nell’autunno piovoso. Ci dicono che il motivo della segregazione al 20bis è rappresentato dal viaggio a nafta che compiono i nostri treni, locomotori che sotto una normale pensilina rischierebbero di appestare tutta Roma con i miasmi emessi dagli scarichi mefitici. La ferrovia elettrica, che hanno messo anche nel West per i pellerossa, in Molise la devono ancora inventare. Dobbiamo però ritenerci fortunati, perché siamo passati dalla carbonella al gasolio, un privilegio che, ad esempio, nelle scassate periferie indiane alle porte di Calcutta non si sognano nemmeno. Da qualche settimana, poi, al binario 20bis si è aggiunto quello 25, che non è a Termini ma alla stazione Tiburtina. Praticamente un budellone senza un piolo su cui sedersi: questo sempre per la comodità di anziani, invalidi e poveri cristi vari.

Ma non disperiamo, tra mille anni, come per il 20bis arriveranno anche le panchine al 25. Intanto i due numeri teniamoli a mente per un ambo secco su Roma: 20 e 25 che, nella Smorfia napoletana, stanno rispettivamente per “A’ festa” e “Natale”, insomma per eventi gai e lieti che dovrebbero risollevare il morale dei molisani. Dei molisani e basta, però, perché all’estero certe cose e certi privilegi non li capiscono. Ci occorse, qualche anno addietro, di viaggiare insieme ad una signorina canadese che giunta al fatidico 20bis e, visto ciò che noi chiamiamo treno e che a lei deve essere parso l’autobus dei Flinstones o, peggio, un mezzo di locomozione degli uomini presenti sul pianeta terra prima dell’invenzione della ruota, non sapeva se ridere o piangere per la disperazione. Alla fine pianse, quando scoprì che il suo biglietto di prima classe le forniva l’unico privilegio di sedere su un seggiolone di plastica identico in tutto e per tutto agli altri ma al quale si accedeva da una porticina con inciso sul vetro il numero uno. Uno, che nella Smorfia napoletana sta per “l’Italia”. Ma qui ci deve essere uno sbaglio. L’uno di Napoli, in Molise, diventa 100, numero la cui descrizione, per decenza, rinviamo al primo negozio di sanitari sulla via dei nostri lettori.

Poscritto per l’assessore Nagni. Caro assessore, lei con quel ciuffo tra Paul McCartney e Panatta ci sta simpatico e vorremmo chiederle una personale cortesia: quella di salire un giorno su uno dei nostri trenini e farci un viaggio. Poi ci dica se spendere 70mila euro al giorno è o non è una vergogna astronomica.

Ultime Notizie