di ANNA MARIA D MATTEO
Dopo Repubblica, anche Il Fatto Quotidiano si occupa della battaglia portata avanti da Telemolise contro i nuovi criteri introdotti dal ministero dello Sviluppo economico per l’assegnazione dei fondi pubblici a sostegno dell’emittenza locale.
Il dettagliato articolo pubblicato sul giornale diretto da Peter Gomez, ricorda che la legge avrebbe dovuto aumentare la qualità e il pluralismo dell’informazione ma che invece rischia di colpire le emittenti delle regioni più povere e meno abitate. A far scattare il ricorso al Tar del Lazio, da parte delle emittenti del gruppo Telemolise, curato dagli avvocati Pino Ruta, Massimo Romano e Margherita Zezza, il secondo criterio inserito dal Governo, quello che prende in considerazione non più il fatturato dell’azienda, ma l’audience, secondo i dati Auditel che però, è scritto nell’articolo del Fatto, non viene in nessun modo rapportato al numero degli abitanti. E’ chiaro che una regione piccola come il Molise non potrà mai competere con i dati auditel della Lombardia.
“In questo modo le regioni meno abitate saranno sempre svantaggiate – ha dichiarato al Fatto l’avvocato Massimo Romano -Il criterio distributivo, che doveva essere uno dei principi ispiratori della legge è venuto meno”.
Dunque la battaglia intrapresa da Telemolise in difesa del pluralismo dell’informazione e dei posti di lavoro va avanti, attirando l’attenzione dei media nazionali perché è una battaglia di civiltà che coinvolge almeno 600 canali televisivi dell’intero Paese. Una galassia che la riforma mette seriamente a rischio. Il 10 gennaio si discuterà la sospensiva del ricorso presentato da Telemolise dal pool di avvocati molisani.