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domenica, Aprile 28, 2024

Roma boccia Frattura. Salta il Piano sanitario

AperturaRoma boccia Frattura. Salta il Piano sanitario

di GIOVANNI DI TOTA

Non ci siamo. Ancora una volta, sul fascicolo del piano operativo predisposto per riorganizzare la sanità in Molise, i tecnici del cosiddetto tavolo Massicci hanno apposto il timbro “respinto”.

E così, come una bolla di sapone, svanisce in un sol colpo il disegno con il quale il commissario ad acta della sanità, che poi è lo stesso presidente della Regione, aveva ipotizzato il sistema sanitario regionale. Un sistema, è evidente, che non ha convinto i dirigenti dei ministeri della salute e dell’economia, per i quali quelle predisposte da Frattura e dal suo staff non sono misure sufficienti per uscire dal pantano.

I conti non tornano, hanno osservato i tecnici al tavolo. Prima di tutto, è stato evidenziato, il piano da una parte dimostra il pareggio ma dall’altra non pianifica e non spiega in che modo vengono coperti i 210 milioni di euro di debiti, che il Molise ha accumulato negli anni. Oltre al pregresso, secondo lo staff Massicci, il piano operativo può essere ancora migliorato.

“Leggeremo nelle motivazioni – è stato il laconico commento di Paolo Frattura – cosa ci chiederanno di fare. Ma è chiaro – ha concluso il governatore – che questo nuovo schiaffone non ce lo aspettavamo e non prospetta nulla di positivo per il futuro”.

Il tavolo Massicci, ha peraltro confermato i presupposti per il commissariamento e il probabile arrivo di un soggetto terzo che dovrà mettere le mani nella sanità regionale.

Ancora più diretto il commento rilasciato dal sub commissario, Nicola Rosato, che non ha esitato a puntare il dito in un’altra direzione: “I cittadini – ha detto Rosato – i comitati e i giudici non hanno compreso che interferire in decisioni come quella che si sta discutendo a Roma finisce con il complicare le cose. Più si rinvia – è stata la conclusione – più aumenta il debito”.

Come se fino ad oggi tasse e tagli dei posti letto non le avessero subiti, cittadini e comitati. Questi ultimi, peraltro, hanno messo all’indice uno degli indicatori in particolare. Quello che lascia al pubblico poco più del 60 per cento dei posti letto, per creare al comparto privato una provvista che sfiora il 40 per cento. Un bilanciamento tra sanità privata e pubblica che naturalmente non piace a chi opera in quest’ultima e che ha alzato le barricate, chiedendo di rimettere in asse la bilancia, portando il rapporto almeno al 80 per cento pubblico e 20 privato, come accade in altre regioni.

La sensazione prevalente, ormai, è che il piano operativo debba rispondere a precise esigenze politiche, piuttosto che contabili e organizzative. Quelli che Rosati ha definito impedimenti alla buona riuscita del piano e ai ritardi che la loro interferenza comporta, si chiamano cittadini, medici, infermieri, sindaci. E, è bene ricordarlo, malati. Giovani o anziani che siano. Ed è a loro, prima di ogni altra cosa, che bisogna pensare quando un numero viene spostato a favore di un altro.

 

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