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venerdì, Aprile 26, 2024

Le mani di chef Rubio nei piatti tipici della cucina molisana

Cibo e vinoLe mani di chef Rubio nei piatti tipici della cucina molisana

chef-rubio-CREDITO-GIULIO-DI-MAUROL’aspettativa era tanta, su cosa avesse combinato il vulcanico chef Rubio tra Jelsi, Riccia, Bojano e Campobasso. In poco meno di un’ora, l’ex rugbista ora cuoco, Gabriele Rubini, conduttore televisivo sui generis, su Dmax, nella trasmissione “Unti e Bisunti” è riuscito a parlare, e stavolta bene, del Molise. In una intervista, tra il serio e l’ironico, aveva detto questo: «Non potete capire come si mangia bene in Molise».
Uno spot del Molise il suo, a modo suo, visto il personaggio e il programma, di grande successo, che è improntato su canoni diversi da quelli classici sulla cucina. Lui cerca situazioni, diciamo così, non da nouvelle cucine, ma più di impatto popolare, che raccontano un territorio, una tradizione, una cultura. Spesso anche forzando i luoghi comuni. Dimentichiamo, comunque e dunque, l’infelice parentesi di Checco Zalone.
Chef Rubio ha costruito una puntata come un viaggio, a tratti anche surreale, in un terra nascosta e sconosciuta ai più, scrigno di tesori culinari e paesaggistici unici. L’incontro con un contadino, con falce in spalla, alle porte di Jelsi; Quel dialetto per lui incomprensibile, la colazione, a base di baccalà in pastella, o «raganato», la scoperta di un sapore intenso che ha definito anche «gourmet».
La gomma del carrello appendice bucata, la conoscenza di Ma…, il carrozziere tuttofare, inaspettato, per Rubio, cuoco di prelibatezze che forse non stanno in ristoranti sofisticati, ma che incontrano di sicuro il consenso unanime di chi ama mangiare bene: i cavatelli al sugo, il piccione, i 12 morsi, pane, formaggio e quella bomba calorica esplosione di gusto che è «u’ funnateglie» con la salsiccia conservata nella sugna. Scoperte che hanno lasciato stupito ed estasiato come mai prima il conduttore. Quindi Riccia, con i calzoni di San Giuseppe, il siparietto con una coppia anziana, l’acquisto degli ingredienti per «u’ funnateglie», in particolare delle uova, quasi fossero diamanti e una contrattazione stile film americano; la sfida persa con m.. sulla preparazione della pietanza e la penitenza pagata nella piazza di Jelsi.
Prima però, la gustosa ed esilarante parentesi a Campobasso, con Umberto Godzilla, personaggio del centro storico e la sua salsa di pomodoro con annessa massima: «Questa è una salsa fatta con il sudore, nel senso che dietro c’è tanto lavoro».
Quindi l’assaggio, sempre alla maniera di Rubio, con le mani, di pizza e minestra, interiora, fagioli e cotiche, nel cuore del capoluogo. Piatti antichi, unici. Ancora una scoperta per il giovane cuoco laziale. Poi la ricerca del principe della tavola molisana: il tartufo, nelle campagne a ridosso del Matese, con un esperto cavatore. Tartufo che poi ha gustato in a Castellone di Bojano, con una frittata di 20 uova con fegatelli.
Un’esperienza unica, non un sogno. Perchè il Molise c’è. Eccome. Certo non è solo fatto di trattori e mietitrebbie per le strade, nè solo di anziani che giocano a carte e bevono birra nei bar. E’ anche questo, ed è bello anche per questo. Chef Rubio, alla sua maniera, è riuscito comunque a promuoverlo più di tante parole e promesse di chi dovrebbe essere preposto, per ruolo, a farlo.

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