“Un saluto affettuoso alle consacrate e ai consacrati, a tutti voi rappresentanti delle nostre comunità parrocchiali, di movimenti, gruppi, associazioni, alle autorità civili e militari che avete accolto l’invito a partecipare a questa solenne concelebrazione per un abbraccio comune ufficiale al nostro Vescovo Gianfranco, nell’imminenza della conclusione del suo ministero episcopale nella nostra Chiesa locale.
Eccellenza,
alcune note parole del Qohélet, pronunciate sommessamente, potrebbero venire in nostro soccorso: “Per ogni cosa c’è il suo momento, il suo tempo per ogni faccenda sotto il cielo… Un tempo per piangere e un tempo per ridere.., un tempo per tacere e un tempo per parlare”.
Non è il momento notarile per firmare un testamento, distribuire crediti, o riconoscere debiti. Non è il momento questo di fare l’elenco di opere, iniziative, bilanci, progetti, successi e insuccessi; di fare verifiche e presentare il conto a noi, ma caso mai all’unico Pastore. Il giudice è un Altro, Colui che è Signore della storia.
Possiamo sottolineare però sinteticamente qualche tratto che ha contraddistinto il suo servizio di Pastore con e per noi: la tenacia mostrata in tutti gli ambiti: missionario, pastorale, amministrativo, educativo, caritativo, la creatività, e l’esuberante e contagioso entusiasmo nel promuovere e favorire processi, incentivare iniziative, con spirito inclusivo, accogliente, a fronte a volte di ostacoli e riserve apparentemente insormontabili, dubbi e titubanze anche da parte dei più stretti collaboratori per forti spinte in avanti. È stato chiamato da urgenze ed emergenze ad occuparsi anche di pietre materiali, conciliando e non trascurando questa necessità con la cura primaria delle pietre vive che edificano la Chiesa di Cristo.
Con le Autorità civili, di ogni ordine e grado, la collaborazione è stata scrupolosamente rispettosa delle reciproche competenze, serena, costruttiva e pronta ogni volta che si trattava di ciò che poteva essere utile alla nostra gente, in vista del bene comune da promuovere e difendere.
18 anni e sette mesi è un segmento di strada della storia della nostra Chiesa di Termoli-Larino, un percorso non breve, temporalmente significativo: ha camminato con i nostri poveri (cercando sempre nuove opportunità per loro) – poveri delle vecchie e delle nuove povertà – e ci ha fatto capire che noi talora siamo più poveri di loro, perché chiusi nel nostro egoismo. In questo tempo ha dovuto prendere decisioni cruciali che hanno comportato non solo fatiche, anche sofferenze, ma ha agito sempre con retta intenzione. E davanti a Dio avrà difeso tante volte soprattutto noi presbiteri, consacrati, e quanti sono impegnati nelle aggregazioni laicali.
Ha scosso le coscienze dei giovani, ha rinvigorito laici e laiche nella loro specifica vocazione battesimale. Le ripetute visite pastorali alle nostre realtà parrocchiali e i continui incontri con tutte le componenti ecclesiali, hanno fatto toccare con mano che S. E. mai ha smesso di cercare “la luce del Signore”. E sono molti i frutti di questa luce che ornano il volto della nostra Chiesa. Educati dall’esperienza che abbiamo condiviso, la nostra Chiesa resterà sveglia, vigilante, e Cristo la illuminerà anche per il futuro.
Ci soccorre intanto il racconto del congedo di Paolo dalla Chiesa di Efeso, nel cap. 20 degli AA., racconto che ci può aiutare a riempire di senso questo intenso momento ecclesiale: «Paolo si congeda dalla Chiesa di Efeso, da lui fondata. Ma adesso deve andarsene. Quando gli anziani da Mileto giunsero presso di lui Paolo disse: «Voi sapete come mi sono comportato con voi per tutto questo tempo, fin dal primo giorno in cui arrivai in Asia: ho servito il Signore con tutta umiltà, tra le lacrime, le prove». Dunque, «non si vanta, No. Racconta la storia». E in tal modo fa risaltare un aspetto: “Non mi sono mai tirato indietro”. Una delle cose che darà tanta pace al pastore quando si congeda è ricordarsi che mai è stato un pastore di compromessi. E per questo ci vuole coraggio. È lo stesso Paolo ad affermarlo: «Voi ricordate… perché io potessi istruirvi, predicarvi, darvi testimonianza a tutti». E poi riprende, qualche cosa del genere di questo rendiconto, di questo esame di coscienza. Paolo dopo aver guardato al passato ora pensa al presente: «il pastore sa che è in cammino». Infatti Paolo sa che adesso lo Spirito gli chiede di mettersi in cammino, senza sapere cosa accadrà. E continua perché lui non ha cosa propria, non ha fatto del suo gregge un’appropriazione indebita. Ha servito. Adesso Dio vuole che lui se ne vada. È come se volesse dire: «Non vado in pensione. Vado altrove a servire altre Chiese. Sempre il cuore aperto alla voce di Dio: lascio questa chiesa, vedrò cosa il Signore mi chiede. E quel pastore senza compromessi è adesso un pastore in cammino. Perché non si è appropriato del gregge». Qui emerge un altro tratto da sottolineare. «Non ritengo in nessun modo preziosa la mia vita», quasi a significare: «non sono il centro della storia, della storia grande o della storia piccola, non sono il centro. “Sono un servitore… non sono il centro della storia”.
Questo momento ufficiale è come un canto di fede e di gratitudine al Signore, che ha condotto la vita di sua Ecc.za, “per il giusto cammino con bontà e fedeltà”. Oggi le viene detto, a nome del Signore, “hai terminato la corsa: lascia”.
Dà serenità la consapevolezza che anche il “lasciare”, oltre che una disposizione canonica, è un atto di obbedienza al Signore; anche “il lasciare” è un servizio. Come per amore è venuto e ha cercato di non tirarsi indietro nel donarsi, così per amore consegna ora ad altre mani il timone della barca, che non naviga mai a vista ma sempre grazie alla forza del vento dello Spirito dell’unico timoniere. E se il rapporto istituzionale tra S. Ecc.za e questa porzione di popolo cambia, il mistero nuziale che l’ha legato a questa comunità, per la vita e per la morte, diventa d’ora in poi ancora più profondo. La Chiesa di Termoli-Larino è e resta la sua famiglia. Ma come un giorno Dio chiamò Abramo e gli disse: “Esci dalla tua terra e va…”, così oggi Dio la chiama a uscire da tutto ciò che in qualche modo poteva ritenere suo, per andare verso la terra dell’amore puro e spoglio, nella preghiera, in compagnia di altri fratelli. È ora che la fatica degli anni vissuti in un intenso servizio lasci il posto all’azione nascosta dello Spirito, che tutto porta a compimento.
È una significativa coincidenza che si concluda il suo ministero di guida della nostra Diocesi nel corso dell’anno giubilare, come un nuovo inizio. Siamo sollecitati ad essere, come Chiesa, presenza di novità evangelica, in questo tempo, in questa stagione della storia così delicata e complessa. Guardiamo ora in avanti. Cristo è ieri, è oggi, è sempre. Gli uomini sono come l’ombra che segue la realtà. La realtà è Cristo. Lo sposo di questa Chiesa è il Signore risorto. Il vescovo è l’amico dello sposo che esulta di gioia alla sua voce. Ora questa gioia è compiuta.
Altre parole, altri discorsi, anche più lunghi, avrebbero potuto facilmente prendere il posto di quanto appena pronunciato, ma lo spirito è già tutto qui.
Oggi si congeda ma rimane a disposizione, a favore di tutti noi davanti a Dio. Non siamo soli. Ecc.za, tutta la nostra Chiesa, qui ampiamente rappresentata in tutte le sue componenti, dice grazie: ma supplica di non dimenticare il volto di ciascuno di noi ogni giorno, quando celebrerà l’Eucarestia.