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giovedì, Aprile 25, 2024

Mille anni in un giorno. Trenta aprile 2014, torna la Carrese di San Martino in Pensilis

AperturaMille anni in un giorno. Trenta aprile 2014, torna la Carrese di San Martino in Pensilis

di PASQUALE DI BELLO

Trenta aprile 2014. Torna la Carrese di San Martino in Pensilis, una delle più belle tradizioni al mondo. Storia di amore e rispetto tra uomo e animali, sintesi mirabile di folklore, identità e sentimento religioso. Questa sera alle 20.30, su Telemolise, ampia sintesi della manifestazione.

Mille anni in un giorno. E’ questa la sintesi di una tradizione, unica al mondo, che da tempo immemore, come la natura, i campi , l’erba e i fiori, si rinnova a San Martino in Pensilis in un giorno di primavera. E’ una storia dove sacro e leggenda si stringono la mano. E’ la storia del beato Leone, San Leo nel cuore del popolo, morto un due maggio a ridosso dell’anno mille del Signore. E’ una storia che fonde religione, cultura, folklore e che può essere sintetizzata in una sola e unica parola: tradizione, quell’insieme di memorie, valori e sentimenti che sono il tratto identitario di un popolo, radici di una comunità che la fondano nel mondo e la distinguono nella storia.

E alla memoria di San Leo, protettore di San Martino in Pensilis, se ne lega un’altra che con essa forma una sola cosa, quella della Carrese, festa di primavera, figlia di riti ancestrali e propiziatori in cui si innesta lo spirito religioso e che sorge, cresce e si perpetua da secoli proprio in onore di questo santo. Mille anni in un giorno, mille anni di sentimenti intatti, vivi, veri che si rinnovano il 30 aprile, giorno di passione, di forza e di agonismo. Giorno di primavera.

E qui, per capire, dobbiamo fare un salto nel tempo e nella leggenda. A una primavera di molti secoli fa che cade tra il 1154 e il 1182 quando Roberto di Bassavilla, conte di Loretello, durante una battuta di caccia nelle terre dell’antica Cliternia, scopre una lapide che portava incise queste parole: “Qui giace il corpo del beato Leone”. Sotto la pietra, narra la leggenda, l’urna con le ossa del santo, sepolto in quel luogo dove sorgeva l’antico convento benedettino di San Felice distrutto da invasioni barbariche e terremoti.

Ringraziato Dio per la scoperta, tra il conte di Loretello e gli altri signori al seguito si apre immediata la contesa per la conservazione delle reliquie del santo. Ciascuno pretende di averle presso il proprio paese. Ma alla questione – narra la leggenda – mette mano la Provvidenza. Accogliendo il suggerimento del vescovo di Larino, nobili e signorotti mettono le reliquie del beato Leone su di un carro aggiogato ad una pariglia di buoi e li lasciano liberi. Ove essi si sarebbero fermati, lì sarebbero state conservate le sacre reliquie. Rotello, Ururi, Chieuti, Campomarino … i buoi passano per luoghi e paesi e vanno oltre nella strada e nei giorni, sino a quando il 30 di aprile, in  una primavera del Signore tra il 1154 e il 1182, si fermano a San Martino in Pensilis davanti all’antica chiesa di Santa Maria.

Memori di questo dono del Cielo i sammartinesi, da allora, ogni anno il 30 di aprile, ripercorrono quella strada fatta dal carro aggiogato a due buoi. Le iniziali processioni, negli anni, tra inni e canti si trasformano in gare di velocità. Nasce cosi la Carrese, un rito millenario oggi insidiato dal relativismo culturale.

Viviamo in un tempo cieco e bugiardo, sommerso da falsi miti ed emozioni distorte. Un tempo dove il confine tra sensibilità legittime e fanatismo si assottiglia ogni giorno di più sino a rendere ogni cosa indistinta e potenzialmente destinata all’oblio, alla pattumiera, alla fine. E’ il caso della Carrese di San Martino in Pensilis e, insieme ad essa, quelle dei comuni bassomolisani di Portocannone e Ururi dove essa, per ragioni diverse, ha trovato radicamento.

Da qualche anno, nel sacrosanto diritto sancito a tutela degli animali, legislatori distratti o resi ciechi dai paraocchi del fanatismo, nel condivisibile tentativo di mettere un freno a sevizie e  maltrattamenti a danno di altri esseri del Creato, hanno fatto, come recita l’adagio popolare, di ogni erba un fascio.

Il riferimento, nello specifico, è all’ordinanza Martini, quella che l’allora sottosegretario alla Salute del governo Berlusconi, Francesca Martini, diramò nel 2009 e reiterò nel 2011 con riferimento alle manifestazioni nelle quali vengono impiegati equidi fuori dagli impianti normalmente autorizzati. L’ordinanza, che riguarda l’uso dei cavalli, nasce con riferimento alle corse clandestine, un fenomeno certamente da combattere; essa, tuttavia, nel tentativo di cancellare un tratto criminale dei nostri tempi, finisce per cancellare di fatto, con prescrizioni, lacci e lacciuoli inverosimili, secoli di storia e memoria, patrimoni inestimabili come è la Carrese di San Martino in Pensilis.

Dal 2009 ad oggi, vittime di una legislazione che non ha saputo distinguere e bilanciare interessi che in questo caso, quello della Carrese, non sono antitetici ma complementari, le tradizioni millenarie del basso Molise, rischiano di scomparire. Come dire? Da mille anni in un giorno a mille anni cancellati in un giorno.

A questa distorsivo va data una risposta ferma e decisa, principalmente in termini culturali, poiché solo chi è cieco o fanatico, solo chi non vuol vedere, sentire, capire, può ignorare come la Carrese sia un mirabile esempio di rispetto per gli animali, amati, curati, accuditi con una dedizione che talvolta è difficile riscontrare anche tra gli umani.

E’ proprio questa la battaglia da fare, una battaglia culturale alla quale sono chiamati  a dare il loro contributo tutti gli attori istituzionali: dai sindaci dei comuni interessati: San Martino, Portocannone, Ururi, ai governanti regionali e alla rappresentanza parlamentare. Nessuno si senta escluso o chiamato fuori. La battaglia culturale a difesa e tutela della Carrese è quella di affermare in ogni sede, e in special modo in quella legislativa, il suo indissolubile rapporto non solo con la tradizione, con la storia, con l’identità, col folklore e con la religione ma, insieme a tutto questo, col rispetto assoluto della salute e del benessere degli animali, buoi e cavalli, che di essa rappresentano l’essenza.

La Carrese come esempio del rapporto intimo e rispettoso tra uomo e animali. E questa, così intesa, non è più una storia di mille anni ma è la storia dell’intera umanità. Qualcosa per cui battersi perché possa durare nel tempo.

 

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