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Di Clemente: l’Ittierre agli operai, fuori i padroni!

AttualitàDi Clemente: l'Ittierre agli operai, fuori i padroni!

Per l’ennesima volta l’ITIERRE è passata da un padrone all’altro, con le maestranze che hanno assistito impotenti ai giochi che i capitalisti ed i loro politici fanno sulla loro testa, finendo di nuovo in default e lasciando in mezzo alla strada centinaia di dipendenti.

Nel novembre del 2010 i quotidiani locali erano pieni delle roboanti dichiarazioni dell’ex governatore Iorio circa le magnifiche sorti e progressive che attendevano l’ITTIERRE grazie al nuovo patron del gruppo Albisetti, a cui la Regione perciò concesse 12 milioni di garanzia sui 23 serviti per l’acquisto; poi gli oltre 500 dipendenti in cassa integrazione e gli altri fondi pubblici per l’incentivo a copertura della differenza tra l’ammortizzatore sociale ed il salario contrattuale, per un impiego – di fatto al lavoro – cosiddetto “on the job”.

Per finire con la procedura di concordato preventivo: tutti si chiedono come il padrone della ITTIERRE nonostante il suddetto intervento pubblico abbia  generato il buco di 87,7 milioni di euro, tra cui i 6 milioni per le maestranze, rimaste senza salario da mesi. Operazioni perpetrate sulla testa dei lavoratori lasciati all’oscuro di tutto.

Tra l’altro il patron o chi per esso ha presentato una richiesta di pagamento anticipato delle maestranze, rivelatasi una chiara presa in giro, poiché sprovvista della documentazione necessaria e dunque non accoglibile dal giudice.

Vieppiù: proprio sulle “retribuzioni on the job” pagate con i fondi pubblici, al danno si è aggiunta anche la beffa di una trattenuta indebita, cioè una riduzione di oltre il 9% del detto salario che ora rischia anche di non essere rimborsata direttamente, in quanto potrebbe finire nel calderone dei normali crediti da lavoro della procedura di concordato.

E poi le recenti inchieste penali:  se il precedente padrone dell’ITTIERRE è finito sotto processo per frode da bancarotta e quant’altro, anche quello attuale a quanto pare ne ha varie per truffa.

Alla fine della giostra, per rimanere coerenti, i nostri venerandi politici e dirigenti sindacali auspicano di nuovo “l’entrata di un nuovo socio” , leggasi un nuovo sfruttatore a cui affidare il futuro dell’ITTIERRE, che continuerà a licenziare e magari finirà di nuovo sotto inchiesta (vista l’esperienza pregressa…).

Tanto è vero che solo per assicurare un anticipo degli arretrati in sede di concordato preventivo – stante le indiscrezioni – il Commissario dovrebbe prevedere, manco a dirlo, il dimezzamento ulteriore delle maestranze. E che piano è questo ? Serviva pagare un avvocato che peraltro risponde al patron Bianchi, per questa geniale soluzione?

In realtà è la solita follia, sì in salsa molisana, ma invero figlia del sistema capitalistico ormai senza futuro.

 

Abbiamo sempre sostenuto la regionalizzazione o nazionalizzazione dell’’ITTIERE in quanto importante azienda in crisi che licenzia, sotto il controllo dei lavoratori, come presupposto immediato per il mantenimento dell’occupazione ed un serio tentativo di rilancio di un piano industriale, libero dalle speculazioni di questo o quel capitalista l’avventuriero. Noi aggiungiamo anche che tale acquisizione  pubblica dell’azienda debba avvenire senza indennizzo per i padroni, tanto più a fronte dei soldi pubblici erogati in tanti anni e di inchieste giudiziarie per truffa e bancarotta. Ciò che richiede anche una rivendicazione generale di livello nazionale del mondo del lavoro.

Le maestranze dell’ITTIERRE non possono più rimanere spettatori passivi di ciò che viene deciso sulla loro testa ed a loro insaputa, né subire le linee di subalternità ai padroni da parte di alcune tipologie di sindacalisti; deve crearsi un sindacalismo di classe, deve rivendicarsi l’apertura dei libri contabili, un costante controllo della produzione e dei piani industriali, in un crescendo delle forme di lotta radicali sino all’occupazione dell’azienda, ad oltranza, cioè fino a quando non vengono ritirati i licenziamenti.

E questo a sua volta necessita di unire le vertenze molisane delle varie aziende, senza tenerle isolate l’una dall’altra il che le predispone alla sconfitta, creando forme di coordinamento dei lavoratori molisani nelle varie lotte aziendali e di rappresentanza diretta dei lavoratori.

E’ difficile, ma è l’unica cosa che può aprire qualche spiraglio alla difesa del lavoro ed al cambiamento.

Il resto è aria fritta.

 

27/10/2013                                           IL COORDINATORE Tiziano Di Clemente

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