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venerdì, Marzo 29, 2024

Protezione civile. In forse i 218 posti di lavoro legati alla ricostruzione: a fine i soldi per gli stipendi

AperturaProtezione civile. In forse i 218 posti di lavoro legati alla ricostruzione: a fine i soldi per gli stipendi

di PASQUALE DI BELLO

A meno di un anno dal concorso in Protezione civile, sono già a rischio i duecento diciotto posti di lavoro destinati ad accompagnare tecnicamente la fase della ricostruzione. Mancherebbero le risorse necessari a pagare le retribuzioni. E’ quanto emerso nel corso di una conferenza stampa del presidente Frattura.

Duecento diciotto posti di lavoro in bilico: è questa, nella sua drammaticità, la notizia più forte della conferenza stampa tenuta da Paolo di Laura Frattura e dedicata alla riorganizzazione dell’Agenzia di Protezione civile (nella circostanza è stato anche comunicato l’avvicendamento di Riccardo Tamburro con Alberta De Lisio al vertice dell’Agenzia). I duecento diciotto sono il plotoncino post – terremoto assunte (al momento per un anno, se non sbagliamo) attraverso una concorso che ha semi-stabilizzato tecnici e operatori che in questi undici lunghissimi anni dal terremoto del 2002 hanno collaborato con la struttura commissariale e le altre sparse sul territorio per la ricostruzione.

Adesso queste unità sono in bilico, poiché le somme destinate al pagamento degli stipendi (poco meno di sette milioni, il 2% della delibera Cipe che assegna al Molise 346milioni per la ricostruzione post sisma) sono state in buona parte consumate per una somma che rasenta i cinque milioni di euro. Morale della favola: la ricostruzione è lontana (ferma al 35-40%) e il fondo del barile è vicino. I quattrini stanno finendo e – ha sottolineato Frattura, accompagnato per l’occasione oltre che dall’uscente Tamburro anche dal consigliere delegato alla Protezione civile, Salvatore Ciocca“i professionisti della politica, che avevano previsto di poter pagare duecento diciotto persone, adesso ci diranno dove reperire il denaro per pagarle”.

Insomma, sia detto absit iniuria verbis: potenzialmente ci sono in circolazione duecento diciotto “morti che camminano”. Un’altra mina umana e sociale che rischia di scoppiare sotto i piedi degli attuali amministratori, un lascito, una delle tante eredità della passato governo regionale. Il sospetto che Iorio & Co. abbiano fatto meglio di nostro Signore, che si limitò a moltiplicare solo pani e pesci, è fortissimo: qui la moltiplicazione è stata fatta alle teste e ai posti. Una testa più un posto, uguale un voto (o più): l’equazione elettorale, più o meno, deve essere stata questa. Tutto regolare, percorsi e concorsi, ma che il fumus delle elezioni sia calato sulla ricostruzione infinita, è un dubbio legittimo.

Lo abbiamo detto e scritto milioni di volte e, se continua così, ci toccherà scriverlo per miliardi: il terremoto è stata una formidabile macchina elettorale che ha beneficiato decine di migliaia di cittadini molisani: proprietari di casa diventate ville e di stalle diventate case, tecnici, imprese, sindaci (a go go), politici di prima seconda e terza fila e chi più ne ha più ne metta. Un terremoto reale a cui se n’è aggiunto un altro: quello legale, inventato di sana pianta con l’estensione a tutta la provincia di Campobasso dell’area colpita. Una furbata mondiale alla quale il pm Fabio Papa ha dedicato tempo, intelligenza, sagacia e codice penale, senza tuttavia arrivare al processo. La faccenda – per chi lo ricorderà – si è fermò in udienza preliminare: Iorio, accusato di abuso d’ufficio, fu prosciolto su richiesta del procuratore capo di Campobasso, Armando D’Alterio che, sia detto per inciso e precisione, aveva anche firmato insieme allo stesso Papa la richiesta di rinvio a giudizio per l’ex governatore. Insomma, le vie del Signore, almeno per Iorio, sono davvero infinite, perché se è vero che oltre a quello reale c’è stato anche un terremoto legale, questo ha riguardato in maniera particolare Santa romana chiesa. Quelli destinati al culto, sono gli edifici primi nella lista dei soldi spesi per la ricostruzione e, non a caso, l’unico accordo quadro di programma già firmato per la ricostruzione, riguarda proprio il patrimonio del clero.

Ma non mescoliamo adesso le pere con le mele e, come si suol dire, torniamo a Bomba. E qui la bomba, quella che sta per esplodere, è veramente grossa e non ha nulla a che vedere con la ridente cittadina abruzzese. La bomba sono altri duecento diciotto potenziali disoccupati seduti su un barile di dinamite: dentro non ci sono i soldi, ma un biglietto di sola andata per casa.

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