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lunedì, Maggio 13, 2024

Migrazione : l’esodo epocale tra timori ed incertezze

Idee e opinioniMigrazione : l’esodo epocale tra timori ed incertezze

emigrazionedi GIANPIO D’ADDARIO

 

Cosa esattamente spinge, enormi masse di persone a lasciare la propria patria per recarsi alla ricerca di speranza? Quale sarebbe la corretta chiave di lettura che possa consentirci di decriptare la storia, considerando il netto contrasto tra voglia di tranquillità e timori di tipo antropologico?

 

Cosa comporta esattamente lo status di migrante? Potremmo considerare la decisione di emigrare, come libera ed indeclinabile da parte dell’individuo, anche qualora sia relazionata a fattori che ne mettano in serio pericolo l’incolumità? La risposta potrebbe essere affermativa, onde si pensi al Medio oriente, martoriato da incertezze politiche e dal fondamentalismo di matrice islamica. Risulterebbe altresì chiaro che chiunque di noi, non avendo null’altro da perdere, seppur con enorme tristezza, sarebbe disposto a lasciare la zona del mondo in cui è nato, al fine di cercare un “posto migliore” in cui vivere. La storia del resto è testimone dell’emigrazione, anche dagli inizi del novecento sino ad oggi, attraverso decenni ed epoche diverse. Volessimo ora riflettere su cosa ha effettivamente segnato l’epoca dell’Europa attuale, con una giusta e netta separazione da quello che è stato ad esempio il periodo della guerra fredda, potremmo ricordare la caduta del muro di Berlino nel 1989. Un paradosso con non pochi interrogativi sarebbe però da ricercare, nel fatto che mentre la caduta di un muro, segnò allora, un atto di democrazia, riconciliazione, libertà, oggi sembra essere la costruzione di diversi muri alle frontiere delle nazioni europee a renderci semmai, meno liberi, meno sicuri, prigionieri dei timori più latenti. Di cosa si ha timore esattamente? Se non di cosa, dunque di chi? Se gruppi di persone provenienti da Paesi a maggioranza musulmana, risultano a volte “poco graditi” sul suolo occidentale, americano e dell’Estremo oriente, si può parlare di timore riconducibile direttamente ed inequivocabilmente all’islam ed alla sua dottrina? In qualche caso. Delinquenza comune allora? Forse. Si tratta magari, di sapere chi effettivamente stia fuggendo da una situazione nazionale rischiosa e chi invece giunge, pur non essendo in stato di bisogno? Probabile. Come non riflettere però, su un avvenimento, come quello della “fuga dal Medio oriente”, che sembra avere una sorta di ripetizione ciclica, in ambito storico? Basti pensare all’emigrazione italiana, coreana, giapponese, irlandese e polacca verso gli Stati uniti, a partire dalla fine della seconda guerra mondiale : Tali flussi migratori, portarono senz’altro ad un incremento della forza lavoro negli USA, tradizioni e culture simili e diversificate tra loro, favorendo però, su quello stesso territorio, anche “approvvigionamenti economici” per determinate organizzazioni malavitose (Cosa nostra italiana e Yakuza giapponese su tutte) le quali contribuirono, non poco, complici timore e mancanza di piena conoscenza dei fatti, da parte di una fetta dell’opinione pubblica americana, alla creazione di stereotipi e pregiudizi, fortemente dannosi per le comunità verso cui erano rivolti. L’aspetto legato alla pluralità di culti religiosi, segnò, ad esempio, l’inizio di una “competizione cultural – religiosa” fra immigrati italiani ed irlandesi : gli stessi irlandesi avevano fra gli anni dieci e quaranta, il “monopolio” del culto cattolico statunitense con la cattedrale dedicata a S. Patrizio e gli italiani chiedevano, dal canto loro, maggiore spazio dedicato anche al culto dei Santi Gennaro e Lucia, ma anche della Vergine tramite le processioni in loro onore con tanto di bande musicali al seguito. Ciò è giustificabile e comprensibile sul piano emotivo, rispetto alla lontananza da casa e quindi la voglia di ritrovare nella spiritualità il “ponte” che consentisse proprio agli italiani, di rendere meno doloroso il distacco dai cari e dalle loro tradizioni in generale. Negli anni dieci, con l’arresto e la condanna a morte di Sacco e Vanzetti, il forte pregiudizio verso la comunità italiana crebbe enormemente, anche a causa della malavita e le libertà di culto tanto richieste vennero “rispedite al mittente” (almeno fino alla metà degli anni quaranta) ciò a causa dei protestanti che, non vedendo di buon occhio il culto legato alle statue e considerandolo decentrato ed inutile, rispetto alla religione di appartenenza, bollarono gli italiani come mafiosi ed idolatri. Memori di tali esperienze, dovremmo dunque ricordare che l’immigrazione è parte della storia stessa, sostenendola possibilmente con una comprensione, esente da ogni ignoranza, come non ricordare a proposito, la scena de “Il padrino parte II” in cui osserviamo il piccolo Vito Corleone, mettersi in viaggio famiglia al seguito, tramite nave verso gli stati uniti, con quasi nulla in tasca, nella speranza di coronare un dì “il sogno americano”. Sarebbe dunque doveroso capire che ergere muri e quant’altro, sull’esempio di Donald Trump, non sarebbe forse, una soluzione, nonostante non vi sia tuttora una considerevole unità di intenti sul piano politico. Come comportarsi dunque? Permettere l’ingresso a chiunque, concedendo quanto dovuto, pur accettando qualche rischio? Respingere le ondate, senza una giusta valutazione preventiva, anche sul piano umano? Difficile dirlo.

     

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