È un viaggio nel cuore di tenebra di una persona. E nell’imbarazzo di una nazione e di un sistema-Paese che hanno fatto della sicurezza e della riduzione degli imprevisti una ragion d’essere, un tratto distintivo, quasi un sinonimo: Germania uguale affidabilità, in politica interna e internazionale, e negli aspetti più o meno rilevanti della vita quotidiana. In più, un baluardo della privacy, protetta da leggi difficilmente sormontabili. Così, ogni nuova rivelazione su Andreas Lubitz è agghiacciante, suscita rabbia e incomprensione.
Del copilota che deliberatamente ha fatto schiantare l’Airbus di Germanwings sulle Alpi della Provenza uccidendo 149 persone, le fonti distillano un orrore quotidiano. Ieri si è saputo che ancora prima di prendere la licenza di volo era stato sottoposto a trattamento psichiatrico poiché affetto da tendenze suicide. La fonte è la procura di Düsseldorf ed è un’altra informazione sfuggita – tra le tante – al suo datore di lavoro. Lubitz aveva nascosto tutto a tutti dietro lo schermo della privacy medica, che in base alla legge tedesca non dà accesso ai datori di lavoro a eventuali cartelle cliniche e certificati dei propri dipendenti. Sta solo al medico curante, nel caso in cui ravveda gli estremi di un pericolo per la vita di terzi, contravvenire alle regole.