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martedì, Aprile 30, 2024

Lettera aperta alla comunità larinese, “non dimentichiamo l’incidente dello scorso anno”

EvidenzaLettera aperta alla comunità larinese, "non dimentichiamo l'incidente dello scorso anno"

Cari concittadini larinesi,

nel 1887 il sociologo tedesco Ferdinand Tönnies consegnava alle stampe il suo lavoro più

celebre dal titolo Comunità e Società . In maniera più che sintetica e tenendo ben presente il

contesto storico della nascente «società di massa», il senso dell’opera riguarda la distinzione tra

un’appartenenza forte, basata sui legami diretti tra le persone e sulla condivisione di tradizioni

antiche e rispettate – la comunità, appunto – ed una forma più impersonale, meno solidale – la

società – che antepone ai valori appena citati l’interesse individuale e razionale, indebolendo,

come naturale conseguenza, anche i forti legami comunitari. Desidero, allora, utilizzare questo

riferimento come base di partenza e spunto di riflessione per introdurre le brevi considerazioni

che vi indirizzo in questa lettera.

Un anno fa, come a tutti noto, la serata inaugurale della nostra amata festa cittadina ha

fatto da cornice non solo alla splendida fiaccolata tra i due luoghi sacri che legano Patrono e

Compatrono ma anche ad uno spiacevole, se non drammatico, verificarsi di dolorosi e inaspettati

eventi. Tra le diverse vicende che hanno interessato alcuni dei fedeli partecipanti, la mente corre

all’episodio principe per origine e per danno. Mio padre, uno dei 120 Carrieri che ogni anno

affrontano tanti sforzi per onorare la propria devozione, ha rischiato la vita per la furia di due

mucche sbizzarrite – pare poiché bruciate da un’improvvida fiaccola – colpevoli solo di dar sfogo

al loro dolore, trainando un carro ormai incontrollabile, travolgendo e colpendo cosa o chi si

ponesse a tiro. Agli ovvi momenti di panico di chi vedeva sopraggiungere gli impeti bovini,

innescando un effetto a catena non troppo rassicurante, e a quelli più tranquillizzanti occorsi una

volta fermate le bestie, sono seguiti però anche i momenti di dolore. Domenico, questo il nome

dello sfortunato Carriere, è rimasto riverso a terra, nel suo sangue e senza sensi per un po’

prima che una autoambulanza lo portasse al nosocomio termolese, un intervento chirurgico

notturno gli salvasse la vita fermando le varie emorragie e ricomponendo le ossa fratturate del

bacino e dei muscoli lacerati, due mesi di ospedalizzazione e di fisioterapia gli riconsegnassero,

grazie al cielo, il passo di un uomo che può badare a sé stesso.

Il clima di sconcerto e di timore – rapidamente smaltito nell’immediato prosieguo delle

processioni festose – è stato via via sostituito da quello della paura: non quella relativa a cosa e

come mai gli accadimenti avessero restituito ma la paura ben più radicata di affrontare il fatto

avvenuto, di divulgarlo, evitando di capirne tutte le avversità potenzialmente dannose. Con la

timorosa idea di non poter godere più della nostra meravigliosa festa primaverile o non poterlo

fare in totale leggerezza d’animo, sono stati davvero pochissimi coloro che hanno espresso tutta

la loro voglia di conoscere e andare a fondo nella vicenda anche chiamando in causa istituzioni

e organizzazioni interessate, finora defilate in un quasi assordante silenzio. I dolori di un uomo,

e non solo i suoi, sono apparsi poca cosa rispetto all’ammonimento del destino in momenti di

tale gravità, avendo ben cura di confinare il tutto in un facile e comodo dimenticatoio, evitando

noiose ingerenze o spiacevoli non-autorizzazioni. Certamente, ognuno è apparso dispiaciuto

della sorte del malcapitato, nessuno – o quasi – fermamente disposto a far luce sull’accaduto al

fine di comprenderlo ed evitarlo nei giorni a venire. Ad oggi, 25 maggio dell’anno successivo,

restano disattese ancora alcune domande: cosa è successo? perché? e di chi le colpe ove ne

fossero? e in tal caso, quali sistemi e misure adottare per scongiurare il ripetersi di analoghi fatti

tristi?

Non solo. Con la solita ironia, il destino ha anche invaso i campi dell’infortunistica e della

responsabilità civile. Mio padre, infatti, non è solamente incappato in una mucca sbizzarrita, un

carro fuori controllo o in una fiaccola di troppo, ma anche in una contrattualizzazione assicurativa

che gli ha negato finanche un solo centesimo per il suo grave danno. La ragione del diniego, a

rigor di clausola, è stata quella di essere un Carriere, un partecipante diretto alla processione e

quindi non idoneo ad un seppur minimo ma moralmente utile rimborso. Sia chiaro, e senza

dubbio alcuno, che il bene più prezioso è sempre la vita ed io, la mia famiglia e penso tutti voi,

siamo davvero contentissimi che Domenico sia ancora qui, con o senza indennizzi vari.

Per tutti questi motivi, però, permettetemi di non nascondere il mio sdegno. Dopo tutte

le molteplici situazioni che mio padre e noi familiari abbiamo vissuto nel corso di tutto l’anno

trascorso, ancora oggi vedo un intenso buio – fiaccole a parte, dunque – circa cosa, come e

perché sia successo e scorgo una generale mancanza di una coscienza collettiva, comunitaria,

solidale e risolutoria verso i fatti passati al fine di non doverli mai più affrontare nel futuro; non

vedo altro che la spensierata voglia di porsi tutto alle spalle, preparare e ornare di nuovo a festa

l’amato carro ed i giocondi animali per onorare il Santo come se nulla fosse avvenuto, come se

la questione non riguardasse una intera comunità.

Vedo bene, al contrario, che bastava una clausola in più o in meno da un mero contratto

assicurativo per vedersi garantiti i propri diritti ed i propri danni: oggi, fortunatamente ma

soprattutto grazie a Domenico, il rischio sembra poca cosa poiché la clausola tiranna fa parte di

un contratto ormai vetusto e accantonato. Bene e finalmente, lo ripeto, bene e finalmente ma

se bastava annullare delle clausole per cambiare un contratto, il povero Domenico avrebbe fatto

molto volentieri a meno di incontrare la foga delle vacche attinte e del loro carro nell’anno

contrattualmente sfortunato; se proprio tanto serviva a far accendere le luci della (vera?)

garanzia, allora sarebbe stato meglio un incidente in un anno più tutelato.

Povero Domenico, permettetemi di nuovo, che ancora non sa cosa sia veramente

successo e nessuno glielo sappia dire o indicare. È passato un anno senza sapere cosa si sia

appreso dagli eventi accaduti e, ahimè, senza volerlo neanche capire davvero, rendendo la

solidarietà un concetto vano, finanche tra una comunità di larinesi prima, Carrieri poi.

A distanza di 130 anni dalla pubblicazione dell’opera di Tönnies con il suo schema

dialettico comunità-società , nel giorno dell’amata festa di San Pardo, scrivo a tutti noi larinesi

chiedendo quale sia la scelta della nostra cittadinanza e quale la miglior direzione da

intraprendere per far tendere al meglio il nostro vivere comune, magari non aspettando eventi

dolorosi per far scuotere le nostre coscienze individuali e collettive.

Se lo chiede anche mio padre, Domenico, che nel frattempo è lì, di nuovo in piazza ad

onorare il Santo perché è solo nel sacro della sua devozione che ha trovato una piena solidarietà.

Buona festa di San Pardo.

Daniele Mezzapelle

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