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sabato, Aprile 20, 2024

Vitagliano: “Sulla Sanità basta agli interessi di campanile e di bottega politica. Si agisca col consenso sociale”

AperturaVitagliano: "Sulla Sanità basta agli interessi di campanile e di bottega politica. Si agisca col consenso sociale"

di Gianfranco Vitagliano

Sulla questione Sanità è intervenuto con un articolato intervento l’ex Assessore regionale Gianfranco Vitagliano. La questione, dice, va necessariamente affrontata col “consenso sociale.

Alcune considerazioni di premessa:

1 – Il momento è difficile, per tutti e dovunque.

2 – Il dovere degli eletti  – e che accomuna maggioranza e minoranza – e di chi ha comunque pubbliche responsabilità è il perseguimento del bene comune. Ogni atto, ogni obiettivo diverso, soprattutto personale o partitico, è altro rispetto al bene e costituisce tradimento del mandato ricevuto.

3 – La cattiva politica, quando c’è, si sconfigge con la buona politica non con l’antipolitica e, men che meno, con la demagogia populista.

4 – L’autonomia regionale si regge anche su condizioni sostenibili nell’erogazione dei servizi e l’efficiente economicità non può essere ottenuta solo attraverso stringenti  vincoli di bilancio;

5 – Abbiamo alle spalle decenni di lotta politica per ottenere la ricomposizione delle divergenze e la riduzione delle diversità, senza ridurre il soddisfacimento dei diritti.

La nostra regione è terra di lotta quotidiana per l’individuazione delle vie della speranza per il futuro.

Pur avendo il territorio peculiarità naturali, ambientali e storiche d’eccellenza, esse sono  al tempo stesso ricchezza ma anche “povertà” per la grande difficoltà nell’offerta dei servizi e nell’accessibilità agli stessi.

Lo studio dei costi dell’offerta sanitaria in Molise ha evidenziato oggettivi differenziali, rispetto ad altre realtà simili demograficamente, di incontestabile valenza.

In relazione a tali fattori c’è una specificità della domanda la cui soddisfazione – relativamente al diritto di ciascuno di avere un’appropriata assistenza sanitaria – richiede un responsabile superamento dei limiti imposti dai ragionamenti di convenienza economica, di fattibilità e di razionalità.

Il Tavolo tecnico e il Piano di rientro, nella loro logica economicistica, sono purtroppo la negazione di questi principi.

Il Piano di Rientro, congegnato da e per ragionieri e non da e per i malati, che non contempla adeguatamente gli oggettivi maggiori costi nell’immediato – anche e non ultimi quelli sociali – e che non prevede, coerentemente e contemporaneamente, un adeguato piano d’investimenti, relativamente a risposte strutturali sostitutive o complementari di quella ospedaliera, produce riduzioni dei servizi e gravi effetti negativi sulle aspettative della popolazione.

Questo è quello che sta avvenendo, nella frenesia ministeriale di pareggiare i conti.

Ci sono, nelle leggi, invece i presupposti per l’abbandono della via della sottostima dei fabbisogni, dei sottofinanziamenti programmati e, quindi, di ineluttabili disavanzi superiori rispetto a quelli ragionevolmente prevedibili.

In questi anni il sistema regionale ha subìto numerosi interventi nell’ambito dell’attuazione del Piano di Rientro dal deficit sanitario; alcuni dolorosi, in gran parte subiti.

Gli effetti sul piano della qualità e della quantità dei servizi erogati e sul risultato finanziario atteso non sono stati in linea con quelli programmati, nonostante i commissari e anche per la plastica resistenza dello stesso sistema.

Al di là delle responsabilità politiche e gestionali è risultato evidente che la logica basata sul solo contenimento della spesa non produce gli effetti desiderati.

Tra le emergenze, contemporaneamente alla riduzione diffusa di prestazioni sanitarie da parte del sistema pubblico, è evidente l’incremento oltre ogni ragione della mobilità passiva e delle prestazioni erogate dai privati in regione.

In un contesto siffatto – senza indulgere su passati errori o improvvidenze criticabili, sulle quali è onesto e bene non generalizzare e per i quali nessuno, me compreso, disconosce le proprie responsabilità – bisogna perseguire un disegno di sanità regionale oggettivamente sostenibile ed oggettivamente adeguato ai bisogni.

La regione vive una delicata fase socio-economica per le conseguenze della nota crisi finanziaria, del suo impatto sull’economia reale che amplifica le difficoltà di un sistema che ha preesistenze e rigidità dimensionali strutturali.

La Sanità, d’altronde, è settore sostanzialmente anticiclico che nel  Molise rispetto all’Italia è il primo tra i comparti dell’economia.

Alla luce di tutte queste evidenze si deve convenire non servano polemiche, prese di distanza o atteggiamenti populisti.

Non ci si può esimere, invece, da un’accurata ma rapida e comune riflessione – al di là della responsabilità dei commissari – su come, dove, quanto e in quanto tempo si debba intervenire, all’interno di un processo di riequilibrio economico, per garantire insieme alla razionalizzazione dei sistemi, l’equo e uguale soddisfacimento dei diritti fondamentali.

Certo e con  riferimento al contesto ogni modifica, ogni innovazione, a pena di fallimento, non può prescindere da un consapevole, ma responsabile, consenso sociale. Ma non ad ogni costo!

A mio giudizio – mio ripeto –  comunque la si metta e a chiunque tocchi decidere, non emergono alternative credibili a:

– la polarizzazione ospedaliera sui tre centri: Campobasso, con le discipline a più elevata complessità; Isernia e Termoli, con le discipline specialistiche di base del regime ospedaliero e con un vero sistema di erogazione di cure in acuzie e per l’emergenza-urgenza;

– l’implementazione, a Larino e Venafro , in integrazione con il presidio di riferimento, di attività ambulatoriali, specialistiche, in day surgery e day hospital, con risposte adeguate per la lungodegenza, la terapia del dolore e la riabilitazione;

– un  presidio di montagna ad Agnone con risposta ospedaliera d’emergenza per le attività di base;

– l’integrazione, regolata e condivisa, tra sanità pubblica e centri privati di eccellenza  – eccellenza vera e tangibile, però – senza alcuna compromissione del ruolo pubblico che rimane il primo responsabile erogatore e regolatore dell’offerta sanitaria regionale; ma nell’ambito del sistema hub-spoke con erogazione a livello periferico delle prestazioni di minore livello e, comunque, di stabilizzazione del paziente e richiesta, al secondo livello (Cardarelli-UCSC e Neuromed) delle prestazioni di maggiore  – e vera – complessità;

– affiancamento, sempre in compatibilità sanitario-finanziaria, delle altre preesistenze di offerta privata, ma in campi prestazionali diversi ed integrativi;

– forte diffusione e valorizzazione della medicina territoriale, con rinnovato ruolo di presidio-filtro rispetto alla ospedalizzazione che è e rimane istanza eccezionale dopo le prime cure.

Il tutto non potrà prescindere dall’elaborazione ed attuazione di un adeguato piano d’investimenti in strutture e tecnologie, utilizzando al massimo le opportunità dell’integrazione strutturale e dei servizi.

La sfida è difficile, non solo sul piano finanziario e richiede consapevolezza, responsabilità, comprensione, rinuncia agli interessi di campanile e di bottega politica.

Chiunque affronti  la Sanità si trova davanti la montagna che c’è ed è impensabile che l’alternanza politica si possa giocare sull’oggi ti accuso io e domani mi accusi tu. Chi oggi porta la responsabilità di governo va, perciò, consigliato ed aiutato, non impedito e delegittimato.

I politici di una volta, più “buoni” di noi, se la giocavano la partita, ma quando c’era di mezzo il bene pubblico, spegnevano persino la dialettica per massimizzare il risultato. Basta ricordare ed imitare.

Tra l’altro, non sono necessari né il silenzio, né l’accondiscendenza,  né la complicità, ma lo è la comunione nelle scelte e nelle responsabilità.

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