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sabato, Aprile 20, 2024

Sanità, il collasso del sistema

AperturaSanità, il collasso del sistema

di Manuela Petescia

La qualità della vita è collegata direttamente alla salute dei cittadini. Invece, si continua a parlare di tagli alla Sanità per far quadrare i conti pubblici e le regioni costrette ai piani di rientro sono in difficoltà. Al sistema molisano serve anche una profonda riorganizzazione e una integrazione pubblico-privato in linea con i parametri nazionali, ma servono soprattutto più risorse finanziarie per poter assicurare il diritto alla salute che è costituzionalmente garantito. Su questo Telemolise è stata sempre al fianco dei cittadini e, al di là dei governi, non cambierà posizione.

Ricordare che Telemolise aveva ampiamente previsto questa deriva della sanità potrà suonare auto celebrativo, ma la verità è la verità: Telemolise si è battuta contro i tagli a partire dalla fine degli anni Novanta, al di fuori cioè di qualsiasi collocazione o sospetto di appartenenza politica. Lo abbiamo detto allora, lo ribadiamo oggi che i fatti ne danno la più cruda conferma: i tagli indiscriminati nel settore della sanità vanno a spezzare un sistema delicatissimo. Una catena fatta di anelli strettamente connessi, l’uno sussidiario all’altro, l’uno perfettamente inutile in assenza dell’altro. Se quella catena si interrompe, salta tutto il sistema.

Ed è esattamente quello che sta succedendo nel Molise e nelle altre regioni obbligate a rispettare il nuovo parametro scelto dal governo in sostituzione del diritto alla salute: il pareggio del bilancio. Non serve girare intorno al problema, e certi slogan (“Risparmio e qualità”) andranno bene per le campagne pubblicitarie.

La sanità costa, segue altre regole, altre necessità, e deve fronteggiare ogni giorno casi concreti.

Facciamo l’esempio di un sintomo neurologico di emergenza: se la Tac può escludere l’ictus emorragico, l’assenza della risonanza magnetica impedisce una diagnosi di ictus ischemico. E viceversa.

Nessun pronto soccorso, nessuna medicina territoriale, di per sé, possono sostituire il sistema integrato di uomini, mezzi e strumenti diagnostici che consente di individuare e curare con celerità una patologia, a meno di fare un passo indietro nella storia dell’umanità, dissociarsi dal progresso e servirsi degli stregoni o degli sciamani.

E un sistema integrato di uomini, mezzi e strumenti diagnostici non si chiama eliambulanza, – fa ridere solo il nome – si chiama Ospedale.

Un sistema di assistenza sanitaria d’eccellenza non è il medico con la valigetta stile anni Sessanta che suona alla porta degli ammalati a costo zero per lo Stato, ma si chiama Neuromed, si chiama Cattolica.

Ospedali e Fondazioni: tanto per averli e tanto poco – di questo passo – per perderli. Mentre magari a Padova, dove ce ne sono già due, uno di fronte all’altro, se ne progetta un terzo. Costo, 650 milioni. Il doppio del nuovo ospedale di Bergamo, appena costruito sopra una palude. 1200 posti letto.

Per noi è la fine del welfare e questo Telemolise lo sapeva. Lo sapeva perché c’è un equivoco macroscopico creato e utilizzato ad arte sia dalle opposizioni locali, per abbattere le amministrazioni regionali in carica, sia dal governo centrale, per abbattere le regioni più deboli, cioè per togliere risorse ai poveri e darle ai ricchi, Robin Hood al contrario, una sorta di razzismo di Stato.

L’equivoco è il seguente.

La politica ha fatto clientelismo con la sanità – si dice – dunque sono stati spesi milioni di euro inutili al solo fine di creare un potentissimo serbatoio di voti. Questo ha impedito il decollo di una buona sanità e ha ridotto sul lastrico i bilanci regionali.

Ebbene questa tesi è profondamente, ingiustamente e fatalmente scorretta, ed è stato l’alibi del governo per massacrare la nostra piccola e poverissima regione.

La sanità in Italia (e non certo solo in Molise) tra medici, infermieri, primari, dirigenti, reparti, distretti, dipartimenti, long list e nullafacenti-list, è stata da sempre ed è anche oggi un potentissimo serbatoio di voti: questo sì – è vero – e siamo tutti d’accordo.

Ma la domanda da porsi è: in che percentuale – cifre alla mano – questo clientelismo incide sui costi della sanità e sul debito? Il 2, il 3, il 4 per cento?

È anche troppo.

Il clientelismo non è certo un’esclusiva molisana, ed esistono sistemi regionali assai più corrotti. Consentire al governo italiano di usare questo pretesto, brutale e ridicolo, e applicarlo ai molisani per chiudere gli ospedali e tagliare posti letto e servizi sanitari è un gravissimo errore di miopia politica e soprattutto denota un’imperdonabile carenza di cognizioni tecniche. La sensazione, insomma, è che siamo amministrati da gente che di sanità capisce poco e niente. E poco e niente capisce di conti.

Salvo che non si tratti di opporsi al taglio delle proprie indennità.

Lì si guarda a tutto con meticolosa attenzione, e i conti (a loro vantaggio) devono quadrare al centesimo.

Per tutto il resto, sanità compresa, sanità soprattutto, via libera ai tagli, arrangiatevi, si salvi chi può.

Gli amministratori, tanto più di sinistra, dovrebbero contestare con il sangue agli occhi questo totem capitalistico del pareggio di bilancio, perché sancisce la disuguaglianza dei cittadini di fronte alla salute.

Dovrebbero contestare, puntare i piedi, denunciare questa tremenda ingiustizia, sapendo di essere protetti dalle spalle larghe e possenti della costituzione italiana.

Se ne sta accorgendo Paolo Frattura, che comincia a sbattere i pugni sui tavoli romani, chiedendo un aumento delle risorse destinate alla sanità e opponendosi alla chiusura degli ospedali, mentre altri personaggi, piccoli piccoli, fanno i liberali sulla pelle degli altri, senza capire che non stanno affatto tornando a casa gli imboscati politici ma gli ammalati.

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