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venerdì, Marzo 29, 2024

Utenza e complessità delle cure Le tipologie di ospedale nel decreto Balduzzi

DossierUtenza e complessità delle cure Le tipologie di ospedale nel decreto Balduzzi

di Antonio Di Monaco

La pur compresibile levata di scudi attorno all’ospedale Cardarelli, rischia di rimanere vaniloquio e logorrea. Chiacchiere, in definitiva. Perché, prima del (l’ultimo?) piano sanitario firmato Basso (che non può essere impugnato perché ancora non validato dai ministeri della Salute e dell’Economia), c’è il regolamento varato dall’ex ministro alla Sanità, Renato Balduzzi. Il predecessore della pidiellina, Beatrice Lorenzin, ha inviato alle Regioni il provvedimento (convertito dalla legge 135 del 7 agosto 2012) che definisce i nuovi standard ospedalieri secondo i criteri di revisione della spesa (meglio nota come spending review). Criteri che puntano sull’adeguatezza delle strutture, sulle risorse umane impiegate in rapporto ai pazienti assistiti e sul livello di complessità della struttura.
E allora, come si pone l’ospedale Cardarelli rispetto a quesi parametri? La risposta è presto detta. Le 300mila anime del Molise classificano (sulla carta) l’ospedale campobassano come presidio di I livello con la presenza del Dipartimento di Emergenza e Accettazione sempre di I livello. In particolare, secondo il decreto Balduzzi, il Cardarelli rientra nelle “strutture che sono dotate di un notevole numero di specialità con servizio medico di guardia attiva” e in cui “devono essere presenti o disponibili in rete h 24 servizi di radiologia con Tac ed ecografia, laboratorio, servizio immunotrasfusionale”.
>Il provvedimento, però, concede una deroga proprio al Molise e proprio in ragione del numero di abitanti, il quale è inferiore a 600mila. In queste regioni “l’attivazione o la conferma della presenza di presidi II livello è subordinata alla stipula di un accordo interregionale con le regioni confinanti entro il 30 giugno 2013”. Ed è proprio il caso del Molise che dovrà giocoforza guardarsi attorno. Ancora, i presidi di II livello (quale è il Cardarelli) “sono riferibili alle Aziende ospedaliere, ospedaliero-universitarie, a taluni IRCCS (Istituti di Ricerca e Cura a Carattere Scientifico) e possiedono tutte le caratteristiche di quelli di I livello e in più sono dotate di strutture che sono in grado di affrontare discipline e patologie più complesse”. Tradotto: un mix (sempre sulla carta) efficace ed efficiente tra pubblico e privato.

I paletti, per il Molise e per l’ospedale Cardarelli, sono quindi definiti. Ma tra parole e fatti, lo scarto è enorme. E il presidente Frattura, uno che i numeri li conosce, li dice: “Le strutture private convenzionate da due anni sono senza contratto, ci ritroviamo con una centrale acquisti senza controllo e così succede che paghiamo fino a nove volte in più il costo dei servizi”.

In ogni caso, il regolamento identifica per il triennio 2013-2015, alcune soglie minime di volume di attività (ad esempio, minimo 100 casi annui di infarti o minimo 150 interventi di bypass) e le soglie di rischio esito (ad esempio minimo 60% di interventi chirurgici per femore su over 65 entro 48 ore). Per cui, sulla base di questi criteri, le Regioni e le pubbliche amministrazioni dovranno attuare le procedure di riconversione a di accreditamento della rete ospedaliera. Sarà una piccola rivoluzione le cui ricadute non sono immediatamente calcolabili, sia in termini di possibili chiusure di unità operative, sia in termini di messa in discussione degli accreditamenti in atto (con pubblico e privato). E allora, invece di gridare “al fuoco, al fuoco!”, si porti l’acqua a casa propria.

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