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venerdì, Aprile 19, 2024

La beffa di Berlusconi e l’ombra lunga di Michele Iorio

AperturaLa beffa di Berlusconi e l’ombra lunga di Michele Iorio

di PASQUALE DI BELLO

Ancora una volta il Molise viene penalizzato sul piano politico e istituzionale. La scelta di Silvio Berlusconi di optare per il seggio molisano non solo lascia il popolo del centrodestra senza rappresentanti ma, ancor più, evidenzia come il Molise sia privo di anticorpi per difendersi dagli attacchi del potere centrale. Su questa debolezza politica si stende l’ombra lunga di Michele Iorio e le responsabilità accumulate in dodici anni di dominio assoluto.

A Milano, col sostantivo barlafüs, viene indicato qualcosa di inutile, cianfrusaglie, ciarpame. Ma non è agli oggetti che il termine si riferisce, bensì alle persone. In dialetto milanese si dice “quel barlafus d’on omm” per indicare qualcuno che vale quattro soldi, esattamente quello che Silvio Berlusconi deve aver pensato dei molisani. E allora diciamolo, senza tanti giri di parole: siamo e saremo un popolo di barlafüs sino a quando continueremo ad accettare che sul nostro corpaccione regionale possa arrivare qualcuno da fuori e camminarci sopra con gli scarponi chiodati. Diciamolo e pure alle spicce, senza tanti giri di parole: i bravi di don Rodrigo ancora una volta sono scesi a valle e, travestiti da guappi di cartone, hanno compiuto il loro misfatto. Se la prima volta fu un furto con destrezza, questa volta, invece, siamo davanti a una vera e propria rapina a mano armata. Un furto politico e una rapina istituzionale, per capirci. Tali sono quelli perpetrati da Silvio Berlusconi (o da chi per lui, Alfano, Verdini e compagnia cantando) ai danni del Molise e dei molisani. Qui non c’entrano gli interessati (all’epoca Quintino Pallante e oggi Ulisse Di Giacomo) ma c’entra la dignità di un territorio e di un popolo calpestati da questo attempato signore milanese dal quale non accetteremmo un bicchier d’acqua nemmeno in punto di morte.

Bene, fatta la doverosa premessa a palle incatenate, veniamo alla notizia. Silvio Berlusconi è senatore molisano, a testimonianza che certe disgrazie sono come il colera: malattie di ritorno.  “Pistola” in pugno, ha ottenuto dal Molise due seggi in due legislature e in entrambi i rami del Parlamento. Due scippi istituzionali a danno di quella che, evidentemente, non deve sembragli una terra abitata da donne e uomini ma una sorta di Hard Discount gestito da barlafüs al cubo. Venditori di seggiole, scranni, strapuntini a buon mercato. Fateci caso, sia l’altra che questa volta ci è parso di assistere alla danza di certi cagnetti da signora che girano, girano, girano e poi marcano il territorio con una spruzzatina sui pantaloni del malcapitato di turno. Sino all’ultimo minuto, l’altra volta, sino all’ultimo secondo questa, Berlusconi, eletto in tutta Italia, non ha sciolto la propria riserva su quale dei seggi fosse quello da lui prescelto. Non l’ha sciolta, salvo poi sciogliere il Molise nel pentolone delle tarantelle nazionali e salvo poi squagliare l’autonomia regionale con la fiamma ossidrica di una legge porcello che permette a una camarilla di capipopolo di decidere le sorti di un territorio e di chi ci vive.

Ma la colpa è la nostra. Siamo una regione senza anticorpi istituzionali e politici e, semmai ne dovesse sorgere uno di movimento analogo a quello di Grillo, da noi dovrebbe chiamarsi “5 Fiaschi” anziché “5 Stelle”, poiché solo a un popolo di obnubilati politici può capitare di essere messi per due volte nella tagliola di lorsignori. Ma l’assenza di anticorpi non è un caso, è la conseguenza di dodici lunghi anni di deserto politico. Ci pare che sopra questa sconfitta del Molise (perché tale è per tutti) si stenda lunga l’ombra di Michele Iorio.  La sonora sconfitta rimediata alle regionali è la prova di come egli abbia distrutto un’intera classe dirigente e un intera area politico-culturale (il centrodestra) per sacrificare entrambi ai propri personali interessi politici e carrieristici. A differenza dei padri fondatori della Regione (La Penna, D’Aimmo, Sedati), Iorio ci appare oggi per quello che è: un padre affondatore, un padre padrone che ha amministrato il Molise con una mentalità medievale, da feudatario della terra bruciata, circondato da una corte di adulatori e fuochisti, un cerchio tragico che ha fatto coriandoli della dignità politica di una Regione e, peggio ancora, di un popolo.

 

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