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sabato, Aprile 20, 2024

ANALISI DEL VOTO/1 – In dodici anni Iorio perde 66mila voti e il 32% dei consensi. Cause e ragioni di un declino annunciato

AperturaANALISI DEL VOTO/1 – In dodici anni Iorio perde 66mila voti e il 32% dei consensi. Cause e ragioni di un declino annunciato

di PASQUALE DI BELLO

La sconfitta di Iorio alla recente tornata elettorale ha radici politiche e amministrative profonde. Il progressivo esautoramento dei partiti e scelte amministrative sbagliate hanno determinato in dodici anni un crollo dei consensi prima lento e poi verticale. Quella di oggi, per molti versi, è stata una sconfitta annunciata.

Un baule pieno di gente. Questo, per dirla alla Tabucchi e, meglio, per confermarlo alla Pessoa, è quanto ha perso Michele Iorio nella sua lunghissima stagione di governo, durata dodici anni. Una perdita secca del 32,41% pari a 66147 voti. Prima, con una lieve flessione tra la prima e la seconda stagione di governo (2001/2006 – 2006/2011), Iorio passa dal 58,21% (115714 voti nel 2001) al 54,14% (112152 voti nel 2006); poi, nel 2011, l’inizio del crollo verticale col 46,94% (89142 voti) e, infine, l’abisso con l’ultimo risultato di due giorni fa: 25,8% (49567 voti).

Quali sono le ragioni politiche e amministrative che hanno determinato questo tracollo che la ferrea legge dei numeri ci mostra in tutta la sua cruda realtà? Un primo dato sul quale occorre fare una riflessione è quello sul progressivo esautoramento del ruolo dei partititi compiuto da Iorio e con la sostituzione in loro vece di quello che nel corso del tempo è diventato il partito unico del presidente. In questo contenitore che di fatto Iorio ha creato con vari meccanismi (di cui diremo in seguito) sono confluite e si sono sciolte tutte le forze politiche del centrodestra che, oltre al valore nominale, non hanno mantenuto il benché minimino radicamento popolare. Quando diciamo partiti ci riferiamo sostanzialmente alla struttura territoriale e alla rispettiva dirigenza, non certo ai rappresentanti espressi in Consiglio regionale. Questi ultimi (i consiglieri regionali eletti), paradossalmente, sono stati il Cavallo di Troia, la macchina da guerra che ha permesso a Iorio di entrare nel corpo dei partiti e distruggerli. Due i meccanismi messi in campo: quello delle dimissioni “obbligatorie” per gli assessori regionali e, sull’altro versante, la nomina di segretari di partito, dirigenti e trombati al vertice di enti sub regionali e agenzie. Un modo sottile per annientare la base dei partiti attraverso il controllo dei vertici. Da un lato il meccanismo premiale (quello delle nomine), dall’altro quello del potere assoluto di revoca (pensiamo agli assessori), hanno consentito a Iorio di controllare dall’esterno e in maniera ferrea la vita interna dei partiti (o quello che di questi era restato) sradicando ab origine ogni forma di dissenso. Corollario di questo svuotamento dei partiti è stata la messa in campo di liste civiche direttamente riconducibili a Iorio e compilate attraverso l’erosione di personale politico a danno dei partiti tradizionali. Gli esempi di Progetto Molise e Molise civile, parlano da soli. L’apoteosi di quello che è stato un golpe bianco (di cui scriviamo da molti anni) si è avuta l’estate scorsa in occasione dell’adunata organizzata da Iorio alla Piana dei mulini. In quella circostanza il governatore dichiarò apertamente di voler andare oltre il ruolo dei partiti, motivando la scelta con un recupero del rapporto diretto col proprio elettorato. In realtà alla Piana dei Mulini non c’erano gli elettori, c’erano i clientes, i beneficiati di dodici anni di governo e quelli che beneficiati non erano ma pensavano di diventarlo. Il rapporto col popolo Iorio lo aveva perso e da tempo, proprio a causa dell’annientamento dei partiti che, ridotti alla sola camarilla degli eletti (direttamente controllati dal governatore), avevano perso ogni ruolo di cerniera tra le Istituzioni e il territorio.

Sul versante amministrativo, invece, a pesare è la disastrosa gestione delle risorse per la ricostruzione e quelle relative alla ripresa produttiva del Molise (parliamo del famigerato art. 15). Complessivamente 2,5 miliardi di euro amministrati con atti pressoché monocratici. Un mare di denaro che non ha portato né alla ricostruzione post terremoto (ferma al 35%, con la sola e ridondante ricostruzione di San Giuliano di Puglia) ne alla ripresa produttiva. Su quest’ultima, valga per tutte la leggendaria storia della “Patata turchesca” a spiegare lo scialacquio di denaro pubblico. Altro fallimento amministrativo è quello relativo alla Sanità. Anni di sperpero, hanno messo Iorio alle corde e lo hanno portato ad ingaggiare un corpo a corpo col Tavolo tecnico nazionale costituito per verificare le azioni di rientro dal disavanzo sanitario. Un balletto di commissari, sub commissari e commissari di commissari che ha finito per inabissare il sistema molisano messo ora sotto torchio dal “Piano Basso” che, in pratica, non va bene a nessuno. Infine, terza e pesantissima responsabilità amministrativa, la pessima gestione delle società partecipate dalla Regione. La storia di Zuccherificio e Solagrital è emblematica di un sistema che ha dilapidato risorse ingentissime senza risolvere le questioni legate al rilancio produttivo, agli sbocchi di mercato, al management, alla tutela occupazionale.

A conclusione di questa breve analisi (più lunga, sul web, è impossibile) quello che si può dire è una cosa sola: il Molise felix, l’isola felice di cui Iorio ha narrato in questi anni, non esiste e non è mai esistita. Gli errori nelle scelte politiche e amministrative (e la negativa influenza di pessimi consiglieri) hanno determinato la progressiva disaffezione dell’elettorato nei suoi confronti, la cocente sconfitta elettorale e il crollo di consensi. Il governatore uscente perde davvero un baule pieno di gente, quello dove conservava un’eredità che pareva inesauribile. Difficile possa recuperarlo.

 

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