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giovedì, Marzo 28, 2024

Il Molise al voto tra le follie metereologiche del Governo e la crisi di identità delle coalizioni

AperturaIl Molise al voto tra le follie metereologiche del Governo e la crisi di identità delle coalizioni

di Pasquale Di Bello

Levata di scudi contro l’ipotesi avanzata dal Governo di elezioni regionali a febbraio. Il possibile allarme neve potrebbe escludere dal voto migliaia di cittadini. Intanto partiti, movimenti e coalizioni si scompongono e ricompattano in forme diverse dal passato. In crisi le leadership di Iorio e Frattura.

Governo

Cominciamo dalla fine, la data delle elezioni, che è una schifezza almeno quanto l’inizio di questa storia. Una smarronata – l’ennesima! – del ministro dell’Interno Cancellieri che ha fissato la data delle elezioni regionali anticipate al 10 e 11 febbraio 2013. Un periodo dell’anno che, verosimilmente, priverà molti cittadini del diritto al voto. Basti ricordare il nevoso febbraio dell’anno in corso per farsene un’idea. Sarà anche un governo tecnico questa melassa indigesta messa in piedi da Mario Monti con la complicità di Giorgio Napolitano, un governo di professoroni a bocconiani che sanno fare tutto salvo una cosa: le previsioni del tempo. E non occorreva certo un meteorologo in questo caso, bastava che il ministro Cancellieri volgesse al barometro quel suo sguardo da fratacchione medievale per capire che in Molise, di febbraio, se la lancetta non segna tormenta segna bufera. Partiamo da questo, dunque, da un governo che di fatto impedirà ai cittadini molisani l’esercizio di un diritto costituzionalmente garantito, quello del voto, e oggi tecnicamente scippato. Se le cose resteranno come stanno – e non vi è motivo di ritenere il contrario – ad esprimere il prossimo presidente della Regione e il prossimo Consiglio saranno poche decine di migliaia di cittadini. Sarà un voto urbano, limitato e confinato alle città e con la pressoché certa esclusione dei piccoli centri e delle campagne. Sarà quindi un voto contraffatto, falsato, drogato; esattamente come quello dell’ottobre 2011 quando a manomettere il meccanismo elettorale furono le maldestre operazioni di coloro che presentarono liste impresentabili. Bene, ma se in quel caso la colpa e il dazio sono a carico di qualche funzionario di partito che acciabattò alla meno peggio la compilazione delle liste e la raccolta delle firme, in questo caso siamo difronte alla ciabattoneria  di un governo nazionale, per giunta di cervelloni, che ha imposto ai molisani una sorta di astensionismo coatto. E la differenza è chiara: una cosa è non andare a votare perché lo si sceglie, altra è farlo perché qualcuno di fatto te lo impedisce. E poi – e sul governo la chiudiamo qui –  non aveva più senso un’elezione a turno unico (regionali e politiche) ai primi di marzo? Si sarebbero risparmiati circa cento milioni di euro che, in una fase di tagli alla spesa, non sono pochi. E non sono pochi specie considerando che questo governo mentre lesina risorse per i malati di Sla getta dalla finestra per due elezioni distinte nell’arco di un mese e mezzo. Fatta questa premessa, vediamo come ad oggi come sono posizionati gli schieramenti in campo.

Centrodestra

Lo scontro al calor bianco tra Iorio, il Pdl e la coalizione ha radici profonde e che partono da lontano, perlomeno dalla scorsa estate quando il governatore, con una mossa a sorpresa, dichiarò superata la stagione dei partiti e in una calda e placida serata alla Piana dei Mulini liquidò senza tanti rimpianti chi ne aveva decretato le fortune ultradecennali. All’epoca furono poche ma autorevoli le voci che si levarono contro Iorio, quelle che fecero più rumore furono quelle del coordinatore regionale del Pdl, Ulisse Di Giacomo, e del potentissimo assessore alla Programmazione, Gianfranco Vitagliano. Oggi, con Vitagliano tornato alla casa del padre, l’unico a mantenere ufficialmente la posizione è rimasto Di Giacomo che se da un lato rischia di passare per l’ultimo giapponese rimasto a combattere nella giungla, dall’altro potrebbe avere il merito di diventare il punto di rottura dello iorismo e il liquidatore di Iorio. Da parte sua, invece, il governatore è convinto che alla fine le sacche di dissenso rientreranno e che quindi resterà l’unico a giocarsi la partita. Una prospettiva che al momento appare più un bluff che una reale possibilità e, in ogni caso, una sorta di gioco d’azzardo specie se si considera l’ipotesi che altre candidature appaiano all’orizzonte. In tal senso quella più accreditata appare la candidatura di Giovanni Cannata, rettore dell’Università del Molise, corteggiato da molti e in maniera trasversale a partiti e movimenti.

Centrosinistra

Qui, come dalle parti di Iorio, la situazione è incandescente. E’ passato un anno e dell’entusiasmo (e prevedibilmente anche del consenso) manifestatosi accanto a Paolo Di Laura Frattura è rimasto ben poco. La secca presa di distanza del Pd dalle dichiarazioni seguite al minivertice di coalizione convocato lunedì da Frattura e dalla successiva fuga in avanti dell’ex presidente della Camera di commercio di Campobasso, la dice lunga sull’irritazione e il dissenso crescenti nello schieramento progressista. Pesa inoltre, sull’evoluzione del quadro politico, la scelta che ancora deve compiere l’Udc. Probabilmente un passaggio del guado che porterà i centristi a lasciare Michele Iorio per approdare sulla sponda del centrosinistra, un fatto che non potrà restare privo di conseguenze a partire da una ridefinizione comune della leadership di coalizione. Pur volendo, non ci sono i tempi (e nemmeno la volontà, che è solo di facciata) per organizzare e celebrare un turno di primarie. Si va quindi verso una candidatura a leader negoziata dalle segreterie di partito. Unici sostenitori di Frattura restano gli ultras dell’Italia dei valori, Tonino e Cristiano, le cui quotazioni in questo periodo sono però in caduta libera. L’eco dell’inchiesta di Report e le recenti e pesanti defezioni dal partito non hanno smesso di produrre effetti negativi sul movimento dipietrista che non ha certamente in questo momento la forza per imporre Frattura alla presidenza della Regione. Restano, infine, Sel e Comunisti italiani, anche loro vicinia Frattura, passati quindi da Che Guevara al turbocapitalismo.

Non allineati

Questa sarà una delle incognite della campagna elettorale: quanto valgono e, soprattutto, chi sono? Dentro c’è sicuramente Costruire democrazia, il movimento fondato da Massimo Romano, un vero grillo parlante che canta e sega i nervi nella realtà, tra la gente, a dispetto dei grilli parlanti che cantano nella realtà virtuale. Poi c’è Rifondazione comunista, quella del compagno Di Sabato che, coerentemente, non intende allearsi a Campobasso con chi a Roma è alleato di un governo, quello Monti, che ha fatto della macelleria sociale una bandiera. Si aggiungono poi vari scampoli di sinistra come Partecipazione democratica del senatore Astore e Molise prossimo futuro di Domenico Di Lisa. Inoltre, a questo variegato e colorito gruppo si aggiungono anche i consiglieri regionali Felice Di Donato, eletto con @alternativa, il movimento oggi sciolto e fondato da Roberto Ruta (oggi presidente del Pd) e Filippo Monaco, dissidente di Sel che proprio non ce la fa ad aggregarsi al truppone neodemocristiano del centrosinistra. Quanto valgono? Questo è difficile da stabilire, probabilmente quanto basta a far perdere quello che loro vedono come il fumo negli occhi: Paolo Di Laura Frattura.

Grillini

Sono l’altra incognita delle prossime elezioni. Un movimento in crescita che sicuramente farà il pienone di voti, trainato com’è dallo sfondamento mediatico di Beppe Grillo. Anche qui è difficile capire quanto peseranno: unica cosa certa è che resteranno, comunque vada, confinati nel loro splendido isolamento. Non fanno alleanze con nessuno, salvo che con la pancia del Paese e della Regione. La voglia di “vaffanculo” tra la gente è enorme e un movimento che ha fatto del “Vaffa day” una bandiera non può che avere in questo momento una buona affermazione. Poi, il resto, si vedrà. Solo a posteriori potremo valutare quanto siano in grado di amministrare. Cinque anni di opposizione ci faranno capire se ci troviamo effettivamente davanti alla controfigura del Padreterno (tali a volte appaiono) o davanti al più colossale bluff della politica italiana.

Conclusioni

In conclusione, se una ve ne può essere, è prevedibile uno sbocco frazionatissimo dell’attuale quadro politico e la possibilità che si vada ad una campagna elettorale con quattro candidati presidenti è molto più di una probabilità. E’ una prospettiva che avvantaggerebbe il governatore uscente, convinto com’è di controllare ancora una quota tale di elettorato (25/30 per cento) sufficiente a garantirgli la rielezione con un minimo di voti.  Insomma, Iorio pensa di farcela, ma dietro ha il deserto; Frattura idem, incapace com’è stato di strutturarsi in un proprio movimento o in un partito. I non allineati al momento ci sono, ma sono frattaglie buone a far perdere ma non a vincere e quanto ai grillini, canteranno questa stagione all’opposizione ma dalla prossima, probabilmente, saranno fortemente ridimensionati. In ogni caso non governeranno. Eh già, la governabilità. Una parola e un concetto a cui nessuno pare pensare., presi come sono tutti dalle trappole e dai minuetti di bottega. Insomma, così com’è oggi il Molise più che una Regione che guarda al futuro sembra un mercato di morti. Lorsignori continuano a scherzare col futuro e con la pelle dei cittadini, convinti come sono che la ricreazione possa andare avanti in eterno. In realtà la ricreazione è finita e, stando così le cose, è finita per tutte. Umiltà e maniche rimboccate, concretezza e progetti: questo serve, non altro.

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