Tutti gli interrogatori dei calciatori della compagine pugliese del 2009 allora allenata dall’attuale mister juventino. “Dopo ogni partita si faceva l’appello e si distribuiovano i soldi”. Finta rissa nel sottopassaggio prima della gara col Treviso: “Fingemmo per coprire la combine”
È quasi l’ora di pranzo del 6 settembre scorso quando, nel palazzo di giustizia di Bari, il testimone Antonio Conte, messo alle strette dalle domande dei pm, conduce la sua linea difensiva all’estrema conseguenza.
Non sento assolutamente niente, non so assolutamente niente, non so niente di niente, ma niente, zero! zero!”, dice. Del resto è abbastanza difficile, per un allenatore di fama, spiegare come sia possibile che lo spogliatoio, il proprio spogliatoio, si sia trasformato in un suk nel quale i calciatori vendono partite e gol a ultrà, mafiosi e avversari: “Quando uno dice: “Eh! ma è impossibile che non ti sei accorto” Io dico: è impossibile? Io ho avuto Carobbio, ho avuto Masiello, ho avuto Doni… e voi a me mi state dicendo… E io gli dico: “Io sono un coglione!” “. È senza dubbio il momento più drammatico della testimonianza di Conte, 90 pagine di verbale nelle quali l’allenatore ha spiegato ai pm la sua versione di cosa accadde nel Bari durante il finale dei campionati 2008 e 2009 e, in particolare, in due partite: Bari- Treviso e Salernitana-Bari, due partite di calcio trattate come due partite di droga. Vendute per soldi – secondo il procuratore Antonio Laudati e il sostituto Ciro Angelillis – dallo spogliatoio della squadra pugliese.