Dopo una clamorosa cantonata, Rai tre Molise ne prende un’altra: definisce atto intimidatorio la legittima richiesta di risarcimento danni avanzata da Radiotelemolise per danno all’immagine. Nei giorni scorsi il servizio pubblico aveva impropriamente accostato il nome di Telemolise all’inchiesta sull’utilizzo di fondi pubblici da parte Regione Molise.
Chi ha il vizio della memoria, e pure quello dell’archivio, volendo potrà andare a rileggersi tutte le volte che abbiamo preso le parti del servizio pubblico e, per essere più precisi, della testata giornalistica regionale molisana. Fatta questa premessa, doverosa per sgomberare il campo da qualsivoglia malevola interpretazione, non possiamo restare indifferenti davanti all’imbarazzante nota prodotta dal Comitato di redazione della TGR in merito alla vicenda che ha visto coinvolta, seppure del tutto incidentalmente, l’azienda editoriale Radiotelemolise (editrice anche di questo giornale) nell’inchiesta sulla gestione di fondi pubblici da parte della Regione Molise portata avanti dalla Procura della Repubblica di Campobasso.
Noi comprendiamo perfettamente che nel marasma a mozzafiato di questa pessima Regione chiunque possa ottenere una licenza di spaccio per gabellare per buona ogni genere di merce avariata; quello che comprendiamo meno bene, invece, è come un servizio pagato con i quattrini dei contribuenti – e per questo definito pubblico – possa prendere lucciole per lanterne o, per essere più precisi, possa prendere una cantonata micidiale come quella presa nei riguardi di Radiotelemolise. Cominciamo da questo, da un aspetto nominale che però la dice lunga su quanta imprecisione abbia caratterizzato la trattazione di questa vicenda da parte degli organi di informazione.
Nei giorni scorsi – Rai compresa, Rai per prima – nessuno ha fatto riferimento all’azienda ma tutti hanno puntato il dito sulla televisione di cui Radiotelemolise è proprietaria. Si è tentato, maldestramente, di confondere i piani della questione, mescolando quello che non andava mescolato: gli aspetti contabili, che sono riferibili all’azienda, con l’informazione. Si è fatta passare cioè l’idea che Telemolise (è questo l’unico nome che è stato scritto e pronunciato, quello della televisione e non dell’azienda editrice) fosse la centrale di chissà quali impronunciabili misfatti. Con una disinvoltura raccapricciante, si è associato il nome di una televisione, che notoriamente vive d’immagine, a una parola, “corruzione”, che invece è fatta apposta per distruggerla l’immagine. A chiunque, e Telemolise non fa eccezione. Per questo l’azienda – e solo per questo – ha deciso di tutelarsi in ogni sede di Giustizia e di darne notizia. Bene, è bastato questo per far insorgere il Comitato di redazione della TGR della Rai e indurlo a parlare di “intimidazione”.
Ora, noi ci consideriamo dei giornalisti di strada, e ad una riunione di un Cdr qualsiasi non c’è mai capitato di prendere parte, tuttavia possiamo immaginare che un gruppo di persone si sia dato appuntamento attorno ad una tavolo e abbia ragionato sul da farsi. Bene, in questo caso, chiunque abbia partecipato, sappia che più che ragionare ha sragionato. E’ davvero singolare (ma in questa Regione dobbiamo aspettarci di tutto) come l’esercizio di un diritto possa essere contrabandato per un atto di intimidazione. E poi, intimidazione nei confronti di chi? E poi ancora, intimidazione perché? Non era forse il caso, prima di sparare paroloni presi a prestito da un repertorio trito, scontato e patetico, di guardare alle proprie travi prima di cercare pagliuzze negli occhi altrui? Non era forse il caso di cospargersi il capo con un pugnetto di cenere per un servizio oggettivamente dannoso e fuorviante, prima di evocare atti intimidatori? O chi lavora in Rai è esente da sbagli e minchionerie come se ne fanno ovunque? Non bastava chiedere scusa ammettendo la cantonata?