Sui media locali da due giorni si susseguono ringraziamenti e commenti sarcastici da parte della CGIL Chimici e dell’Associazione Industriali nei confronti della Fondazione Lorenzo Milani di Termoli: si considera nostra e di altri gruppi o movimenti civici la responsabilità della decisione della Momentive di rinunciare all’ampliamento previsto.
Denominatore comune a tutti gli interventi, a cui viene dato grande risalto, è ovviamente l’ironia di bassa lega sui “movimentini” che si permettono di disturbare i manovratori di turno, ostacolando le magnifiche sorti e progressive che attendono il territorio.
Sconcerta (e molto) notare questa totale sintonia tra sindacato e industriali: è inquietante constatare che li accomuna l’attacco a chi esercita il diritto costituzionale di opinione e associazione.
Siamo comunque noi a ringraziare per il potere e la forza che ci vengono attribuiti: certamente la Fondazione, come sempre quando viene messo in discussione il diritto alla salute, si è impegnata per impedire che ancora una volta si proseguisse lungo la strada di uno sviluppo non condiviso e non sostenibile, ma i signori che ci ringraziano sanno benissimo che altri e più decisivi fattori hanno contribuito alla decisione dei vertici aziendali di spostarsi verso altri lidi, ritenuti evidentemente più concilianti (il che peraltro è tutto da dimostrare).
Non pensiamo, infatti, che si possa ignorare che la Regione Molise non ha a tutt’oggi ottemperato all’obbligo di redigere il piano di zonizzazione dell’aria, che definisce gli interventi idonei per la riduzione degli inquinanti e la loro concentrazione atmosferica: senza questo strumento di governo e controllo del territorio non è possibile autorizzare nuovi insediamenti; e soprattutto non è possibile, come continuano a fare azienda e sindacati, asserire che “non vi sarà aggravio del carico inquinante”. Mancava dunque un requisito di legge.
Riteniamo impossibile ed anche in malafede dimenticare che nella relazione della ASL, pur conclusa con un parere favorevole, si dedicava un notevole spazio alla necessità di continuare lo studio dell’Istituto Superiore di Sanità, promosso dalla Fondazione e conclusosi nel 2010 con la raccomandazione di monitorare attentamente l’area del Nucleo Industriale di Termoli, dove già allora diverse concentrazioni emissive erano vicine allo sforamento.
E certo non è possibile non ricordare che il Registro Tumori, ottenuto dopo vent’anni di lotte solo grazie all’impegno di associazioni come la nostra, darà numeri certi solo tra due o tre anni, a dir poco.
Nè si può far finta di non sapere che la capacità effettiva di controllo dell’ ARPA, è stata notevolmente inficiata dai continui tagli di personale e fondi e che il laboratorio analisi di Termoli è stato smantellato.
In un quadro come questo, dunque, con la preoccupazione per le patologie tumorali e per il mancato controllo del territorio che serpeggia angosciosa tra i cittadini, risulta fuorviante (ed in malafede) questo atteggiamento aggressivo, che va in cerca di ”colpevoli”, tra l’altro con termini offensivi, denigratori e poco consoni per chi ricopre ruoli istituzionali e di rappresentanza (fermo restando che noi siamo orgogliosi di aver contribuito a sollevare dubbi su certe scelte e di aver fornito informazioni chiare laddove si pensava solo a sbandierare posti di lavoro).
Non riteniamo che il compito di un sindacato, specie se accompagnato da una storia lunga e gloriosa come la CGIL, sia solo la difesa ad oltranza dei posti di lavoro, senza prendere almeno in esame cosa quei posti di lavoro possano comportare per il territorio ed i lavoratori stessi: questa è la strada seguita a Marghera, a Priolo, a Taranto, a Bussi e sappiamo tutti dove ha portato.
E’ totalmente irresponsabile affermare che: “i posti di lavoro sono sicuri, il danno alla salute no”. Significa buttare alle ortiche qualunque principio di precauzione e prudenza, sul quale invece si basa ogni deontologia corretta, specie se si parla di danni all’ambiente e alla salute .
Specialmente se, come già detto, ci si trova ad operare in un contesto privo di alcuni requisiti di legge che consentano di monitorare con sicurezza l’area coinvolta.
E parliamoci chiaro: un’associazione industriali dovrebbe avere altro da fare che reagire con sprezzante ironia verso chi si impegna senza personali interessi, ma esclusivamente nell’ottica di uno sviluppo finalmente sostenibile; se la strada dell’industrializzazione (e di questo tipo di industrializzazione), fosse stata quella giusta, a quest’ora il Molise dovrebbe essere ricco e fiorente, visto che non si ricorda a memoria d’uomo un ostacolo agli insediamenti industriali: nonostante l’azione assidua dei comitati, le chimiche si sono ingrandite a più riprese, gessificio e biomasse sono stati installati tranquillamente, e perfino nel caso della turbogas la protesta popolare, pur massiccia, non è riuscita nei suoi intenti.
Appare dunque senza senso parlare di “terra inospitale per le imprese”: semmai il contrario: inospitale lo è per chi desidera uno sviluppo diverso.
Sarebbe invece il caso di stigmatizzare certi atteggiamenti tracotanti dell’azienda, che ha esercitato pressioni su Comune e Regione (“subito i permessi o ce ne andiamo”), messo in campo quelli che si possono solo definire ricatti occupazionali (“o ampliamo o chiudiamo”), sfruttato la giustificata paura degli operai di perdere il posto di lavoro per far montare il risentimento verso chi si oppone a questo tipo di sviluppo, esercitando del resto un suo legittimo diritto
La Fondazione Milani e gli altri “cattivi “ di questa storia, si sono limitati ad usare gli strumenti che la democrazia fornisce ad ogni cittadino per rivendicare il proprio diritto di scelta del futuro della propria terra; nel nostro caso, poi, si trattava di un preciso dovere statutario, portato a termine su basi scientifiche, attraverso le osservazioni depositate a suo tempo in Regione, e attraverso azioni di informazione, partecipazione ad incontri e dibattiti, sempre nell’assoluto rispetto delle opinioni di tutti.
O dobbiamo ritenere che sia indice di attenzione alla legalità e ai cittadini questo ribadito rammarico per i tempi lunghi delle autorizzazioni da rilasciare, è bene ricordarlo, ad un’azienda sottoposta alla legge Seveso per rischio di incidente rilevante?
Resta certamente il problema occupazionale, questione non da poco: ma ancora una volta, è assurdo prendersela con le associazioni per aver svolto il loro dovere di sentinelle del territorio, e non avere il coraggio di chiamare in causa la politica, nelle persone di tutti si suoi rappresentanti a vario titolo: nel basso Molise si discute da vent’anni di democrazia partecipata, di diritto a scegliere il tipo di sviluppo per il proprio territorio, di riconversione di impianti pericolosi (tutto questo sì che porterebbe sana occupazione). Era ed è compito della politica saper programmare per creare le condizioni di una crescita vera e condivisa, che non costringa i giovani all’emigrazione, valorizzi le potenzialità del territorio e faccia di nuovo del lavoro un diritto, e non un favore del potente di turno. Di questa capacità programmatica finora non si è vista traccia (ed è su questo che gradiremmo una risposta da chi oggi fa del gratuito sarcasmo).
Resta un po’ di amarezza nel constatare che evidentemente, secondo alcuni, una manciata di posti di lavoro può cancellare il diritto alla salute e alla tutela ambientale, mentre il totem dell’industrializzazione come unica fonte di crescita (concetto quanto mai vecchio e superato) regna ancora sovrano nel nostro povero Molise.
FONDAZIONE LORENZO MILANI



