Per ora il reato ipotizzato nei confronti dei due compagni di cella è di morte o lesioni come conseguenza di altro delitto. Ma per spazzare via ogni dubbio sulle cause del decesso di Fabio De Luca, 45 anni, originario di Roma, sarà necessario aspettare l’esito dell’autopsia. Il sostituto procuratore del tribunale di Isernia, Federico Scioli, titolare dell’inchiesta, domani a mezzogiorno affiderà l’incarico per eseguire l’esame, in programma all’obitorio del Cardarelli, dove il detenuto è morto una settimana dopo il suo ricovero. Nel frattempo gli agenti della Squadra mobile di Campobasso si sono portati avanti con il lavoro. Negli ultimi giorni hanno sequestrato la cella del carcere di Ponte San Leonardo nella quale De Luca è caduto battendo la testa. Hanno recuperato le immagini registrate dalle telecamere interne all’istituto di pena isernino. Hanno acquisito la cartella clinica della vittima all’ospedale di Campobasso e ascoltato i due detenuti che si trovavano in cella con De Luca quando, stando alle prime versioni fornite, il 45enne sarebbe caduto dal letto a castello, dove si era arrampicato per recuperare delle grucce poggiate sulla parte superiore di un armadio. L’iscrizione dei due detenuti nel registro degli indagati è solo un atto dovuto. Anche l’avvocato di fiducia della vittima, Salvatore Galeazzo, almeno per ora è più propenso a credere all’ipotesi dell’incidente. Ma alcune ombre sul recente passato di Fabio De Luca, alimentano qualche dubbio. L’estate scorsa, a Roma, il 45enne subì un pestaggio. Riportò una serie di traumi, compresa la frattura della mandibola. Proprio questo episodio avrebbe spinto il sostituto Scioli e gli uomini della Mobile di Campobasso a fare maggiore chiarezza. A capire, cioè, cosa sia accaduto in quel minuto trascorso dall’ingresso di De Luca in cella e la richiesta dei soccorsi.