I titoli dell’edizione web de L’Avvenire, il quotidiano dei vescovi italiani, accedono i riflettori sulla questione dello smaltimento dei rifiuti tossici in Molise. Piccola regione che – secondo “Avvenire” – è fortemente a rischio. Anche perché il fenomeno continua a navigare nel sommerso della chiarezza.
Il quotidiano, nell’approfondimento pubblicato sul web, parte dalle dichiarazioni del pentito di camorra Carmine Schiavone, sulle destinazioni dei rifiuti tossici trafficati e sversati clandestinamente: «In tutto il Matese fino alla zona di Benevento – ha detto Schiavone. Fino al 1992 noi arrivavamo come clan (dei casalesi, ndr) nel Molise fino a Isernia e zone vicine». Conferme saltate fuori durante gli scavi nel terreno di Strada di Cupra, zona del venafrano, con rifiuti scoperti a cinque metri di profondità. Insomma, sembra notte abbastanza fonda anche in questa piccola regione – scrive “Avvenire” – e sembra che anche qui nessuno se ne preoccupi troppo.
Molte cose effettivamente non tornano. Le preoccupazioni stanno prendendo corpo e troppi bambini si ammalano di tumore. Così le “Mamme per la salute e l’ambiente” di Venafro, si sono mosse già sei anni fa. Hanno raccolto una foglia di fico e l’hanno spedita alla “Nanodiagnostic” di Modena perché fosse analizzata. Risultato: “L’inquinamento sulla foglia induce a prendere precauzioni per l’ingestione dei prodotti dell’orto o dell’agricoltura cresciuti nella zona”. Responso senza appelli. I rifiuti inceneriti sono tossici. Possono provocare tumori.
E del resto in tutta la regione esistono pesantissime situazioni dal punto di vista ambientale: da Campomarino ai fusti di Venafro, dai pozzi di Cercemaggiore, allo scantinato di Castelmauro con migliaia di bidoni tossici recentemente spostati, alla discarica Guglionesi.
Ed è in questo quadro – secondo “Avvenire – che nasce il tira e molla per costruire due centrali a biomasse (altri inceneritori, in sostanza) a Campochiaro, ai piedi del massiccio del Matese.
Un presidio di cittadini vi si è stabilito da tempo. Le manifestazioni continuano. I sindaci della zona hanno presentato ricorsi. I lavori sono iniziati, poi sono stati sospesi e adesso tutto lascia prevedere che verrà presto definitivamente revocata l’autorizzazione dalla costruzione delle centrali.
La gente è molto arrabbiata. Centrali a biomasse qui non servirebbero. “E poi – è scritto testualmente nel reportage di “Avvenire” – tutti ripetono la stessa cosa: una di quelle due è riconducibile al governatore molisano, Paolo Frattura, che è ex-socio dell’attuale amministratore della ditta che dovrebbe costruire la centrale di Campochiaro e al quale il presidente della Regione aveva ceduto gratuitamente le sue quote, ex-socio che è anche marito del capo di Gabinetto in Regione, nominato proprio da Frattura.
E il giornalista del quotidiano della CEI ha provato a chiedere spiegazioni all’amministratore della Civitas (la società titolare delle autorizzazioni), Luca Di Domenico: «Ammetterà la stranezza che a costruire qui sia proprio l’azienda del marito della direttrice generale della Regione, nominata dallo stesso governatore che aveva autorizzato la costruzione di questa centrale ed è suo ex-socio…». Risposta stizzita: «In Italia non c’è libertà d’impresa?».
Altra domanda del giornalista di “Avvenire”: «Certo, ci mancherebbe. Però, ripeto: non le sembra strano che appalti e subappalti in questo Paese risultino essere un po’ troppo spesso affari di famiglia & politica?». Altra risposta sempre più stizzita: «In Italia non c’è libertà impresa?». Terza domanda: «Va bene, va bene. Lei però di certo sa come ogni rilevazione mostri come nella popolazione residente intorno alle centrali a biomasse aumentino le incidenze tumorali…». Stavolta Di Domenico, riferisce il giornalista, taglia corto: «La nostra conversazione si chiude qui”.