Le indagini sono scattate nel 2011 dopo una segnalazione alla stazione di Colletorto e San Giuliano. Da qui si sono estese fino alla Puglia con i militari impegnati a ricostruire la rete dello spaccio in cui sarebbero finiti anche giovanissimi.
Pedinamenti, confronti e oltre duemila intercettazioni telefoniche passate al setaccio per capire come la droga dalla zona di San Severo finiva in Basso Molise e nell’area frentana.
I Carabinieri della Compagnia di Larino, agli ordini del maggiore, Alessandro Dominici, hanno esaminato attentamente il linguaggio utilizzato per distribuire gli stupefacenti.
La roba ad esempio veniva chiamata in gergo budì, da qui il nome dell’operazione, oppure anche agnu. Il luogo della consegna delle sostanze veniva invece descritto come cassa.
Non è stato semplice per i militari chiudere il cerchio ma le accurate indagini, coordinate dalla Procura di Larino, hanno permesso di arrivare alle tre ordinanze di misura cautelare.
I tre giovani di età compresa tra i 23 e i 33 anni finiti ai domiciliari con l’accusa di spaccio di sostanze stupefacenti sono residenti a Termoli, Campomarino e in un altro centro dell’area frentana. Nelle prossime ore dovranno presentarsi davanti al gip per l’interrogatorio di garanzia, alcuni di loro devono rispondere anche del reato di estorsione.
Perché, stando a quanto emerso dalle indagini, se la dose non veniva saldata, arrivavano le intimidazioni, fino alle minacce di morte. Altre dieci persone risultano invece indagate a vario titolo.
Un clima di terrore e tensione quello che in sostanza si respirava nella trappola in cui sarebbero finiti tanti giovani, un lavoro costante svolto dai Carabinieri per bloccare la fitta rete dello spaccio.


