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mercoledì, Novembre 26, 2025

Da Brescello a Parigi, una strada per sognare. Ricordo di Gino Cervi a quarant’anni dalla morte

CulturaDa Brescello a Parigi, una strada per sognare. Ricordo di Gino Cervi a quarant’anni dalla morte

di PASQUALE DI BELLO

Il 3 gennaio del 1974, quarant’anni fa, Gino Cervi, l’indimenticabile Peppone, l’indicabile Commissario Maigret, l’indimenticabile testimonial in un Carosello che fece storia, quello della Vecchia Romagna, “il brandy che crea un’atmosfera”, fece un passo avanti è oltrepassò quella che per Fernando Pessoa è “la curva della strada”. Fu così che morì, svoltando in un angolo ventoso dentro un’ampia curva. Ma un attimo prima di svoltare – è così che ci piace pensarlo – lo immaginiamo fermo, in fondo al rettilineo della vita, con gli occhi buoni e curiosi già protesi in avanti, immobile prima dell’ultima curva. Fermo per un attimo a ripensare tutto quello che si lasciva alle spalle, o tutti quelli che si lasciava alle spalle. Quelli della mia generazione, con don Camillo e Maigret ci sono cresciuti, figli di quella televisione in bianco e nero che i colori li aveva in un altro modo: nelle immagini splendide e nitide, nelle trame avvincenti, nelle sceneggiature impareggiabili, nei rumori in presa diretta. A quel tempo, la tv, era qualcosa di magico, riusciva a farti sentire ogni rumore: un respiro, un sorso di Calvados (Commissario, quanto ne hai bevuto!), passi che camminano lenti e furtivi in sacrestia, un fiammifero che accende una pipa, il cardine di una porta, quella di una chiesa, aperta per recitare non visto (lui, comunista!) una preghiera. Quanti sogni di bambino dietro a quelle immagini, fresche ancora oggi, capaci a decenni da allora di restituirci il profumo e la gioia dell’infanzia. Immagini che ci riportano indietro nel tempo, seduti accanto al televisore, nell’apposita stanza che c’era in tante case (allora guardare la tv era una sorta di rito). Ricordi che si sommano ai volti di persone care, ormai anche loro, tante di loro, oltre quella curva che quarant’anni fa si presentò sulla strada di Gino Cervi. Ci piace immaginarlo fermo, su quella strada, un attimo prima di svoltare, con la pipa di Maigret in mano, con l’Unità sotto al braccio, con una bottiglia di cognac in una tasca e la bandiera rossa nell’altra. Ci piace pensarlo così, mentre si ferma, si gira e saluta quelli che già lo vedono sparire da lontano. Tanta gente, tutta in bianco e nero, felice di esserci stata a quel tempo e a quell’ora, quando accendere il televisore era accendere un mondo onesto e pulito, sereno e incantato. Era accendere la fantasia. Tra quella gente, il 3 gennaio 1974, a salutarlo non mancava nessuno: Giovannino Guareschi e George Simenon, don Camillo e la signora Maigret, e poi tutti gli altri in scena: il Brusco, la signora Cristina, lo Smilzo, l’avvocato Spiletti; e ancora: gli ispettori Lucas, Torrence e Janvier, il nipote Laurer.

Quanta strada, Peppone. Quanta strada, Maigret. Quanta strada dalla piazza di Brescello ai boulevard di Parigi. Quanta strada, e poi una curva, un saluto, l’ultimo. Il tuo e quello di chi ha amato quel tempo incantato, messo tra gli anni ’50 e l’alba dei ’70. Perché quando ti sei girato, in mezzo a Guareschi, Simenon, il Brusco, Cristina, lo Smilzo, Spiletti, Lucas, Torrance, Janvier, Laurer, in mezzo a tutti questi, c’erano anche gli uomini e le donne di quegli anni, le famiglie. E c’erano anche i bambini, tanti che sono cresciuti con quella tv e che portano ancora negli occhi quel mondo incantato. Ecco, quel giorno a salutarti, con un fazzoletto bianco, come usava allora, ci piace pensare che c’eravamo anche noi. Grazie Gino Cervi. Che la terra ti sia lieve in eterno, ora come allora, quarant’anni dopo e per sempre. Tu sei oltre la curva, e noi conserviamo quella tv, quei film, quegli sceneggiati. Ci consola l’idea di saperti in un mondo migliore, e questo può bastare a noi che restiamo.

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