L’Assemblea del Pd ha approvato le nuove regole proposte dalla commissione per il congresso fissato all’8 dicembre e contenute in un documento in forma di raccomandazioni (378 sì, 74 no e 24 astenuti). Ma subito dopo è riesploso lo scontro. Il passo successivo sarebbe stata la votazione sulle modifiche allo statuto conseguenti alle nuove regole, ma il partito ha rimandato tutto non trovando un accordo sul nodo della cancellazione dell’automatismo tra i ruoli di segretario e candidato premier.
Le divisioni. L’assemblea si è spaccata. Da una parte i renziani, ma anche Rosi Bindi e Pippo Civati, che ritengono inopportuno modificare lo statuto. Bindi si è detta contraria a modifiche «ad personam». Dall’altra il fronte bersaniano che vede nell’impasse un danno a Enrico Letta. Qualcuno ha motivato lo slittamento del voto con la mancanza del numero legale ma i delegati presenti questa mattina all’assemblea del Pd erano 560. C’era, dunque, un numero sufficiente di delegati per modificare lo statuto. «Chi ha fatto saltare l’accordo che era stato raggiunto in Commissione è davanti agli occhi di tutti. Quelli intervenuti in assemblea per stoppare gli accordi sono stati Morando (che vota Renzi), Mariucci (vicino alla Bindi) e Civati». È quanto si sottolinea da ambienti bersaniani. A questo punto – è l’invito delle stesse fonti – si assumano la responsabilità di quello che è successo e non alludano a responsabilità di altri che non esistono.



