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sabato, Dicembre 20, 2025

A Monteroduni la speranza si fa azione per costruire la pace

AttualitàA Monteroduni la speranza si fa azione per costruire la pace

Non è stata solo la presentazione di un libro, ma un coro di testimonianze che ha trasformato la Sala nobile del Castello Pignatelli in un laboratorio di umanità. In questo “gioiello” del borgo medievale molisano, il tema “Custodire la speranza per costruire la pace” ha preso vita attraverso i racconti di chi la guerra, il dolore e l’emarginazione li tocca con mano ogni giorno.
L’occasione è stata la presentazione dell’opera di Paolo Greco, “Sui passi della speranza” (Tau Editrice, 2025), un testo che è servito da bussola per orientare un dibattito intenso e partecipato. Per dire a forte che la speranza “disarmata” costruisce la pace. Il messaggio è chiaro, hanno ribadito il sindaco Nicola Altobelli e il parroco Don Rodolphe introducendo i lavori, la pace è un diritto ed un dovere di tutti.
L’intervento della prof.ssa Adele Pizzi ha aperto il focus sulla tragedia umanitaria che soffrono i territori dilaniati dalla guerra. A cui ha fatto eco l’autore del libro Paolo Greco affermando che la speranza non è un sentimento ingenuo ma una forza concreta che trasforma la storia.
Il cuore pulsante dell’incontro è stato raggiunto con le testimonianze dei volontari di Emergency, di Francesco che ha descritto la situazione di Gaza: una realtà fatta di corpi mutilati, soprattutto di bambini, vittime innocenti che mancano di tutto, farmaci, cibo, ma soprattutto di un domani. La loro missione, è stato ribadito, non è solo medica ma profondamente politica nel senso più alto del termine: curare ogni essere umano per riaffermare il diritto alla vita sopra ogni logica di guerra.
Il racconto si è spostato rapidamente all’esperienza che il prof. Fernando Damiani ha vissuto in Libano, al confine con la Siria. Il suo racconto non è rimasto un aneddoto accademico, ma una lezione di vita: “La speranza non è un concetto astratto, ma il gesto semplice di condividere qualcosa con chi è in difficoltà”. Un’esperienza di prossimità che, come sottolineato dal professore, lo ha segnato profondamente sia sul piano umano che culturale, trasformando il confine da barriera a luogo di incontro.
Particolarmente toccante è stato l’intervento di Paolo Orabona, Direttore della Caritas Diocesana. Orabona ha catturato l’attenzione della platea raccontando il suo impegno nelle carceri di Isernia e Rebibbia. Ha commosso i presenti raccontando di come dietro le sbarre, la speranza supera l’ottimismo e si traduce in percorso concreto di rinascita. Orabona ha letto il libro di Greco insieme a un detenuto e a un ergastolano. È qui che è emersa la distinzione filosofica e pratica più importante della serata: la differenza tra ottimismo e speranza. Mentre l’ottimismo spesso si nutre di slogan e sogni fragili, la speranza è una forza “ostinata” che si sostiene attraverso l’azione concreta nel bene, anche laddove sembra che lo spazio per il futuro sia negato da una sentenza senza fine.
L’evento si è concluso con la testimonianza di Baba, un giovane immigrato del centro SAI che dalla Namibia è giunto in Italia in cerca di un futuro migliore. “Custodire la speranza” non è un atto passivo, ma un impegno quotidiano che parte dai piccoli borghi come Monteroduni per abbracciare le sfide globali. Il libro di Paolo Greco, in questo senso, non è solo un volume da scaffale, ma un invito a farsi semi di speranza in ogni ambiente del nostro vissuto. L’incontro è terminato con la piantagione di un alberello di ulivo, simbolo di speranza, confermando un momento di alto valore civile, ribadendo la centralità del borgo di Monteroduni come luogo di riflessione sui grandi temi del nostro tempo.
(P. G.)

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