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domenica, Novembre 16, 2025

Concilio di Nicea e il suo presunto partecipante “Paulus Larinensis”

LarinoConcilio di Nicea e il suo presunto partecipante “Paulus Larinensis”

Di seguito pubblichiamo il testo di approfondimento storico scritto da Giuseppe Mammarella, Direttore dell’Archivio Storico Diocesano di Termoli-Larino

Le celebrazioni in corso quest’anno (2025) per commemorare il 1700esimo anniversario del Concilio di Nicea, che culmineranno a fine novembre con il viaggio di Papa Leone XIV proprio nell’antica città ora conosciuta come Iznik in Turchia, unite alla casuale visione di due documenti legati al ricordo di quelle effettuate un secolo fa (1925) per XVI Centenario, mi offrono lo spunto per far cenno a qualche dato, riguardante Larino, in un certo modo connesso a quella importante assise.
Prima di andare oltre, è opportuno precisare che i due atti, custoditi nell’Archivio Storico Diocesano di Termoli-Larino, la cui unica sede è posta presso l’episcopio dell’antico capoluogo frentano, rappresentano una “epistola” di Papa Pio XI del 4 aprile 1925 rivolta al Cardinale Giovanni Tacci (del Titolo di Santa Maria in Trastevere) Segretario della Sacra Congregazione per le Chiese Orientali, e la lettera, del 1° maggio successivo, con cui il porporato trasmette all’episcopato cattolico le disposizioni del Pontefice allo scopo di solennizzare l’evento.
Con il Concilio svoltosi nell’anno 325 a Nicea, antica città dell’Asia Minore situata sulle rive del lago Ascanio in Turchia dove sorge l’odierna Iznik, l’Imperatore Costantino che lo convocò, intendeva risolvere diverse questioni tra cui quella sull’arianesimo (questione teologica sollevata da Ario, un presbitero di Alessandria d’Egitto).
Alcuni studiosi, in passato, hanno sostenuto la partecipazione a quel Concilio di un Presule di Larino, tale ‘Paulus Larinensis’, che figura pure in testa alla serie cronologica dei vescovi dell’antica città frentana apparsa sull’Annuario diocesano del 1988. Anche mons. Pietro Frutaz, già Sottosegretario della Sacra Congregazione per le Cause dei Santi, però, ebbe a precisare che tale asserzione “è insostenibile, poiché a Nicea erano presenti Marco, Vescovo della Calabria latina, e i due rappresentanti di Papa Silvestro: Vito e Vincenzo”. La puntualizzazione di mons. Frutaz appare nella nota in risposta alla documentazione storica inviata, nel 1978, dal compianto Vescovo di Larino (e di Termoli) mons. Pietro Santoro, relativa alla richiesta volta ad ottenere la traslazione a Larino dei resti mortali dei primi due Martiri Larinesi Primiano e Firmiano, ancora oggi custoditi nella basilica dell’Annunziata di Napoli.

Oltre a ‘Paulus Larinensis’, l’estromissione dalla cronotassi dei Vescovi di Larino, pare debba toccare anche al ‘Petrus’ firmatario, nel 484, degli atti del Concilio svolto sotto il pontificato di Felice III, che dovrebbe essere attribuito ad altra località.
Sembra ormai certo che a Nicea i circa 300 vescovi presenti erano quasi tutti orientali. L’eccezione pare costituita dai tre ecclesiastici citati da mons. Frutaz (Marco di Calabria, Vito e Vincenzo, quest’ultimo futuro Vescovo di Capua) e da Ceciliano di Cartagine, Osio di Cordova, Nicasio della Gallia e Dommo di Sirmio.
Un altro aggancio con il grande consesso niceno, pur se questa volta indiretto, è dovuto al fatto che il Presbitero Vito, sempre in qualità di delegato di Papa Silvestro, ed il Vescovo Ceciliano di Cartagine, erano presenti, insieme al Vescovo Pardo della Daunia, proprio il probabile Patrono di Larino e diocesi, anche undici anni prima nella nota città francese di Arles, al Concilio indetto dallo stesso Imperatore Costantino per tentare di risolvere la controversia donatista (i cosiddetti “donatisti”, che chiedevano la deposizione del Presule africano Ceciliano, erano guidati da Donato di Casae Nigrae).
Ad Arles, nel 314, intervennero dieci presuli d’Italia, sedici della Gallia, nove dell’Africa, sei della Spagna e tre della Bretagna. Tra i dieci d’Italia figura anche il ‘Pardus espiscopus’, terzo sottoscrittore degli atti conciliari. Da notare che ad Arles giunsero, oltre al Vescovo Pardo (della Daunia: Salpi o Arpi) ed al suo fido collaboratore il Diacono Crescente, solo altri tre Presuli dell’Italia meridionale ed insulare: Proterio di Capua con due diaconi, Cresto di Siracusa e Quintasio di Cagliari accompagnati entrambi (come Pardo) da un solo diacono.
Il primo Storico a cui spetta il merito di aver ritenuto probabile associare il Vescovo Pardo, che prese parte al Concilio di Arles nel 314, con quello venerato a Larino e diocesi in qualità di Patrono principale, è Francesco Lanzoni come evidenziato nella sua opera sulle diocesi italiane data alle stampe nel 1927.
Considerato che di un Pardo Vescovo dei primi secoli del Cristianesimo ci è stato tramandato, finora, un solo documento storico (le due biografie medioevali non consentono di conoscere elementi certi) e cioè quello legato agli atti conciliari di Arles del 314, è lecito ritenere discretamente fondata l’ipotesi del Lanzoni sul fatto che il Presule in questione ed il San Pardo venerato a Larino e diocesi siano la stessa persona.
La località di pertinenza del ‘Pardus episcopus’ presente ad Arles è senza alcun dubbio della Daunia, antica regione della Puglia settentrionale compresa tra i fiumi Fortore e Ofanto. In merito c’è chi propende per Arpi, città un tempo posta nei pressi dell’attuale Foggia e chi sostiene l’appartenenza alla comunità cristiana di Salpi o Salapia, città romana che sorgeva a sud di Siponto (l’attuale Manfredonia) e di poco a nord di Trinitapoli.

Giuseppe Mammarella
Direttore dell’Archivio Storico Diocesano di Termoli-Larino

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