Quando finisce una concessione, finisce anche un’epoca. La recente sentenza del Consiglio di Stato del 14 ottobre 2025 potrebbe davvero cambiare le regole del gioco per migliaia di stabilimenti balneari italiani. Al centro della vicenda ci sono i Bagni Ausonia di Castiglioncello, ma le conseguenze vanno ben oltre. I giudici hanno stabilito che, alla scadenza di una concessione su suolo demaniale, tutte le opere non amovibili – come bar, ristoranti e strutture in muratura – diventano automaticamente di proprietà dello Stato. E non è previsto alcun rimborso per chi le ha costruite, a meno che non ci siano accordi specifici che dicano il contrario.
È un principio chiaro, che segue anche le indicazioni della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, e che ribadisce un concetto fondamentale: il demanio marittimo è pubblico, appartiene a tutti e non può essere ceduto o privatizzato. Ma è anche un principio che rischia di mettere in crisi un intero settore, fatto soprattutto di piccole imprese familiari che, spesso per decenni, hanno investito risorse importanti per rendere le nostre coste accoglienti e attrezzate.
Il Consiglio di Stato è stato netto: chi lavora sul demanio lo fa a titolo temporaneo. Alla fine della concessione, quanto costruito resta allo Stato, e il concessionario perde ogni diritto su ciò che ha realizzato. Non si tratta, dicono i giudici, di uno “sfratto” o di un esproprio senza compenso, ma della semplice conseguenza dell’uso di beni pubblici.
Tuttavia, è evidente che la sentenza avrà un impatto profondo sul valore economico delle imprese balneari. Le strutture realizzate nel tempo, che rappresentano spesso la parte più importante del patrimonio aziendale, non potranno più essere considerate un bene da vendere o trasmettere. E questo rende più difficile ottenere prestiti, pianificare investimenti o pensare al passaggio generazionale.
Le associazioni di categoria parlano già di una situazione insostenibile. Chiedono al governo un intervento urgente per proteggere chi ha investito e per accompagnare la riforma delle concessioni marittime in modo graduale e meno traumatico. La sfida ora è trovare un equilibrio tra le regole europee sulla concorrenza e la tutela di un sistema economico che, nel bene e nel male, ha segnato la storia del turismo italiano.