Castropignano si prepara ad accendere, il prossimo sabato 16 agosto, una luce di memoria
e speranza. Si tratta di un momento di forte valore simbolico e affettivo: l’inaugurazione
dell’opera Senza Confini, dedicata a tutti gli emigranti che, con il cuore pieno di nostalgia e
lo sguardo rivolto all’orizzonte, hanno lasciato la loro terra in cerca di un futuro migliore.
Il monumento, realizzato dal maestro Fernando Izzi di Torella del Sannio, è stato donato
alla comunità da Gennaro Paolone, figlio di questa terra emigrato prima in Canada e poi
negli Stati Uniti.
Collocata in un punto molto caratteristico del paese, l’opera diventerà un ponte simbolico
tra chi è partito e chi è rimasto. «L’arte – spiega il maestro Izzi – non conosce barriere, parla
la lingua universale dell’anima e ricorda che nessuna distanza può spegnere il legame con
le proprie radici».
L’evento, organizzato dal Comune di Castropignano, sarà un momento di incontro tra
generazioni, con una cerimonia di inaugurazione che celebrerà il coraggio di chi ha
attraversato oceani e confini, portando con sé la propria identità e il proprio sogno.
L’opera sarà scoperta alle ore 17.00, alla presenza della comunità e delle autorità locali.
«Come onde che ritornano sempre a baciare la riva, così Senza confini vuole ricordare che il
filo invisibile della memoria non si spezza mai, neppure quando la vita ci porta lontano»,
spiega il maestro Izzi.
La scultura, forgiata in acciaio COR-TEN, è molto più di un’opera artistica: si tratta infatti
di un vero e proprio racconto silenzioso di partenze e ritorni, di radici e di speranza.
Gli elementi principali di questa opera, densi di significato, sono il parallelepipedo che, con
le sue linee dritte e i suoi angoli netti, rappresenta la solidità, la stabilità e la continuità, ed
è l’immagine delle fondamenta di una casa, metafora di quelle radici che gli emigranti
portano sempre dentro di sé, invisibili ma salde, capaci di sostenerli ovunque si trovino. La
sua struttura geometrica evoca la concretezza, la determinazione e la capacità di costruire:
qualità indispensabili per affrontare il viaggio verso una nuova vita; e la sfera terrestre,
attraversata da meridiani e paralleli, che rappresenta il mondo intero, ampio e aperto,
pronto ad accogliere chi parte per cercare fortuna altrove. Al centro, come un cuore
pulsante, spicca la sagoma di Castropignano con il suo stemma: un richiamo costante a quel
punto preciso della mappa che, pur lontano, resta per sempre casa.
Il materiale che costituisce l’opera è a sua volta un simbolo: forte e resistente, è capace di
affrontare il tempo e le intemperie, proprio come gli emigranti che, pur adattandosi a nuove
culture e ambienti, non si piegano alle difficoltà e mantengono viva la loro identità.
«Senza Confini», prosegue il maestro Izzi, «è un omaggio a tutti gli uomini e le donne che
hanno avuto il coraggio di partire, portando con sé il ricordo della propria terra e lasciando
tracce indelebili anche in quelle che li hanno accolti».
Il dono di Gennaro Paolone è un atto di gratitudine verso le proprie origini e la propria
comunità. Con quest’opera, Castropignano non celebra solo il passato dei suoi emigranti,
ma rinnova il legame tra chi è rimasto e chi è partito, consegnando alle generazioni future
un simbolo eterno di appartenenza, memoria e riconoscenza.
Quando il sole di agosto illuminerà l’acciaio scuro di Senza Confini, le sue superfici
racconteranno senza parole le storie di chi ha attraversato mari e oceani con una valigia
leggera e un cuore pieno di ricordi. Ogni angolo del parallelepipedo, ogni curva della sfera,
custodirà le voci di padri e madri, di figli e fratelli, di chi ha guardato un’ultima volta il
campanile di Castropignano prima di partire, portandolo poi con sé come bussola inteL’opera non sarà, allora, soltanto un monumento: diventerà un punto di incontro tra passato
e presente, tra chi è lontano e chi è rimasto, un abbraccio di ferro capace di attraversare il
tempo. E forse, ogni volta che il vento passerà tra le sue forme, sembrerà di udire il sussurro
di quelle vite coraggiose che, pur lontane, non hanno mai smesso di appartenere a questa terra.