L’orsetta ritrovata sabato scorso a Pizzone come mascotte del coordinamento che lotta contro l’ampliamento della centrale idroelettrica. La cucciola di orso marsicano, è la massima espressione di un ecosistema incontaminato: ed è per questo che il parco nazionale dovrebbe chiamarla “Liberata”, come la Santa che protegge il comune di Pizzone.
Un invito che ha il sapore di una provocazione, quello degli attivisti che dicono no al piano dell’ENEL per il ripompaggio dell’acqua da Castel San Vincenzo alla Montagna Spaccata: la cucciola di orso, probabilmente abbandonata dalla mamma perché spaventata da qualcosa o qualcuno, diventa così il simbolo nella lotta contro quello che è stato bollato come un “ecomostro”, a protezione dell’ambiente e dei territori interessati dal progetto della società elettrica.
Dopo Sandrino, Amarena e Huan Carlito, ecco che potrebbe arrivare un altro nome dettato dall’attualità: un appellativo che stavolta starebbe a ricordare una storia di battaglie in difesa del territorio. Sarebbe un gesto fortemente simbolico, e che chiarirebbe ancora una volta – qualora ce ne fosse bisogno – da che parte sta l’ente parco.
Gli attivisti del coordinamento, ricordano che l’orsetta è stata trovata a poche centinaia di metri da quegli stessi luoghi che saranno sito dei cantieri per quello che viene definito “l’assurdo progetto di Enel”.
La cucciola intanto è stata recuperata dal personale addetto del Parco. E attualmente si trova in buona salute nel centro gestito dall’ente naturalistico a Pescasseroli.
Il coordinamento “No Pizzone 2”, oltre a felicitarsi per la soluzione messa in campo dal personale del Parco nazionale, sottolinea come “questo episodio certifica, qualora ce ne fosse ancora bisogno, la grande ricchezza e delicatezza dell’ecosistema di quest’area”.
“Il ritrovamento, scrivono dal coordinamento – è avvenuto a ridosso del centro abitato, dove non sono nuove le incursioni pacifiche e frequenti di orsi”. Dal coordinamento si dicono perciò preoccupati dal forte impatto che avrebbe Pizzone 2 sul delicato equilibrio naturalistico del territorio”.
“Ci chiediamo infatti – si legge nella nota – cosa potrebbe avvenire se questo delicato ecosistema fosse messo a repentaglio da un cantiere esteso e duraturo nel tempo”.