L’annuncio arriva a sorpresa, nel corso di un incontro dedicato a tutt’altro, alla presentazione di un libro. Donato Toma, presidente di regione e neo commissario alla sanità, nel verde e assolato giardino del Convitto nazionale Mario Pagano, dopo essere già intervenuto richiede la parola. “Sapete tutti che sono stato nominato commissario alla sanità; voglio dirvi che entro sei mesi il commissariamento finirà: è questo l’obiettivo al quale sto lavorando. Tra i presenti c’è anche l’assessore Cotugno, che guarda Toma come i cardinali il giorno del concistoro guardavano Ratzinger mentre annunciava la fine del proprio pontificato: con occhi roteanti. La notizia, in effetti, è grossa e l’obiettivo lo è ancora di più. Sei mesi, in fondo, sono in politica un battito d’ali. Toma però si fa forte di un accordo, nello specifico il “Patto per la salute 2020 – 2022” sottoscritto dalle regioni con il governo. Allora c’era Conte a Palazzo Chigi e l’impegno preso fu quello di superare il commissariamento proprio entro sei mesi. Poi le cose andarono diversamente. Adesso con Draghi lo scenario cambia ed è proprio Toma a questo punto ad avere in mano il mazzo delle carte. Resta da vedere come le giocherà, perché la partita non è facile.
Ad intervenire nel dibattito sul Commissariamento, e sulla necessità della fine di questa esperienza fallimentare, è l’ex assessore alla Sanità della Giunta Iorio ed ex senatore, Ulisse Di Giacomo. Attraverso una nota diretta e senza fronzoli, Di Giacomo mette a nudo il tentativo romano di ridurre a brandelli la sanità molisana. A partire dal braccio di ferro col l’allora tavolo Massicci, dal nome del ragioniere generale del Mef. L’ex senatore rimette in fila i cocci di un’esperienza nata per risanare il debito sanitario e che invece ha finito per ingigantirlo. Debito al quale ogni anno si sono aggiunti oneri accessori come i 500mila euro da destinare agli stipendi di commissario e vice. Su ogni cosa, tuttavia, l’aspetto più nefasto dell’intera storia è quello rappresentato dall’invio in Molise di figure totalmente avulse al territorio. Gli esempi fallimentari di Giustini e Degrassi parlano in tal senso. Bene allora, conclude Di Giacomo la decisione del governo Draghi di far coincidere la figura del Commissario con quella del Presidente di Regione.