Quando la comicità e non solo quella, diventa becera e ignorante. E’ di queste ore una garbata e legittima sottolineatura dell’associazione italiana delle persone con la sindrome di Down. La matita blu, usata dal presidente Gianfranco Salbini, ha voluto mettere in evidenza l’uso della parola mongoloide, utilizzata da un duo comico che sull’eccesso e sul trash ha costruito il proprio successo.
Nel loro ultimo film Ohi vita mia, in questo periodo nelle sale, Pio e Amedeo scivolano sulla parola mongoloide.
Il film, peraltro, mette al centro la vita in una comunità di recupero per ragazzi e quella di una casa di riposo per anziani, gestite dai due comici.
“Rispettiamo le intenzioni degli autori – ha aggiunto Salbini – di voler utilizzare la comicità per veicolare temi sociali di grande importanza e che ci sia bisogno, ha detto ancora il presidente dell’associazione, anche di leggerezza per raccontare situazioni che spesso non ricevono la giusta attenzione. Ma il tipo di linguaggio usato, ha concluso è ancora diffuso e purtroppo spesso utilizzato per offendere”.
La parola mongoloide, utilizzata per offendere per quanto in modo ironico – ha condiviso la presidente della sezione molisana di Aidp Giovanna Grignoli – a chi ha un figlio o una figlia con la sindrome di Down non fa affatto ridere”.
In tanti, in questi giorni, hanno fatto pervenire le segnalazioni alle varie sedi di termini ancora una volta usati in contesti di satira e comicità che però risultano inappropriati se legati alla disabilità.
Per questo dalla Associazione nazionale italiana delle persone Down è arrivato l’invito a chi lavora nella comunicazione, dai giornalisti, agli autori, agli sceneggiatori e agli attori di cinema, teatro e tv di evitare l’usa di parole che possano ferire o discriminare qualcuno.



