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giovedì, Novembre 20, 2025

I viaggi di Maurizio Palmieri: il Brasile e “l’intensa” Rio

AttualitàI viaggi di Maurizio Palmieri: il Brasile e "l'intensa" Rio

di Maurizio Palmieri*

L’intensa

Veloce intensa lentezza
in-attesa bellezza
di Santa Teresa (1)
la vera sorpresa
il Patrizio plebeo
per colazione.
Assaì (2).

Per pranzo Istituto di Cultura (3) (4);
ha un sapore strano
ma piano piano
ha il sopravvento la Natura
sul
palato, diventato, sofisticato
ed io
sconcertato dalla Ginga (5):
che il sole Dipinga questa giornata meraviglios…
Assaì.

Per cena saudade di Gil
a Capocabana
e allegria del samba di Jobim (6)
all’Ipanema
della cartolina
dove, però, la collina favel(l)a (7).
Allora ancora malinconi…
Assaì.
La vita è adesso. La vita è qui.

Nota 1. A Rio il taxi mi conduce in questo quartiere bohemien che è arroccato su una collina ai piedi del Corcovado.
Vengo accolto da Patrizio, il titolare di un accattivante funzionale ruffiano etnico confortevole alloggio che ha creato restaurando un ex magazzino. Santa, così la chiamano i locali, è il fulcro artistico della città ed è attraversata dal bondinho, il tram che mi ha ricordato quelli di Lisbona. Alla capitale lusitana riporta anche un’altra attrazione della zona,
la scalinata Selaron, con le sue piastrelle colorate.

Nota 2. Assaì è come si pronuncia açaí. Questo è un frutto che viene mangiato per lo più a colazione. All’arrivo, presso la caffetteria dell’albergo, io l’ho consumato sotto forma di
“açaí bowl”, una ciotola che contiene una sorta di sorbetto del frutto frullato. Il colore è scuro ed io pensavo fosse cioccolato; in effetti, vagamente, rimanda al cioccolato fondente (oltre che al mirtillo) e ha un sapore, all’impatto, molto strano. Per questo motivo mi è venuta spontanea l’esclamazione “Assaì” (lascia perdere), diventata poi la metafora filo
conduttore dell’intero testo. Gradatamente si fa amicizia con questa bacca, molto naturale e nutriente, come pure si inizia a comprendere il gusto di molti prodotti che vengono
dalla foresta, rieducando il nostro palato a cibi semplici e genuini. La natura in generale si mostra elemento preponderante del Brasile.

Nota 3. Ho pranzato con parte del personale insegnante dell’Istituto di cultura italiano all’insegna della simpatia. Non ho potuto non mangiare la moqueca, uno stufato di
pesce cucinato non con l’olio di oliva ma con l’olio di palma e il latte di cocco. Il suo colore giallo non viene dallo zafferano o dalla curcuma ma dal tucupi, un succo estratto dalla
radice della manioca selvatica. La piccantezza dallo jambu, una specie particolare di erba fiorita. Questo piatto incarna l’essenza del Brasile e il suo particolare melting pot. “Portoghesi” e altri discendenti europei, nativi, popolazione di origine africana.

Nota 4. L’arrivo è stato “napoletano”, nel senso che il primo essere umano che abbiamo incontrato, io e la persona che amabilmente mi ha guidato, immediatamente ha intuito la
nostra appartenenza. L’Italia è stata sempre presente in questa baia, sin dagli albori. Infatti il primo a scoprire, non l’America ma questo posto, fu, nel gennaio del 1502, Amerigo Vespucci, al quale è stato dedicato il nome del continente perché fu il primo a capire che Colombo non aveva trovato l’Asia. Il navigatore fiorentino, credendo si trattasse della foce di un fiume, chiamò il luogo Rio de Janeiro, e cioè, per l’appunto, Fiume di Gennaio.

Nota 5. Se si parla di Ginga ci si riferisce anzitutto a un passo base della capoeira e cioè un movimento di lotta-danza che simula un dondolio tra attacco e difesa. Il mio amico del
posto mi ha edotto dell’esistenza di un’accezione poco nota: l’atteggiamento dei negozianti del girare intorno, del confonderti bonariamente per convincerti. Con lo stesso termine, infine, ci si riferisce anche al calcio creativo, che da queste parti è una religione. Ma non voglio tediare le lettrici soffermandomi a parlarne troppo. Mi limiterò a dire che la
squadra più seguita mi è sembrata il Flamengo, almeno a giudicare dalle magliette indossate anche in altri distretti, mentre più localizzato è il tifo per la sua antagonista principale, il Fluminense (rivalità nota in città come Fla-Flu), e il Botafogo.

Nota 6. Le due spiagge più famose di Rio. Ipanema, più tranquilla e raffinata dell’altra, famosa anche per la canzone composta da Jobim, la cui statua è ivi posta. Capocabana, più vivace e popolare, dove prevale la saudade di Gilberto Gil ed è qui che l’altro gigante della bossa nova, viene onorato con un altro monumento. A Rio la musica è di enorme importanza. Lo stesso aeroporto si chiama Jobim. Mi è piaciuto immaginare Ipanema come il luogo dell’allegria e Capocabana come quello della tristezza, i due sentimenti opposti che in Brasile si alternano spesso in modo repentino nella musica, e nella vita.

Nota 7. Ipanema è la spiaggia più in, è la cartolina per eccellenza, ma non riesce anch’essa ad eliminarne il lato oscuro. Lo scatto che opero riprende infatti anche la più vasta e celebre favela della città: la Rocinha (vedi foto). Lì, abbarbicata sulla collina, a testimoniare che anche nel posto più iconico non ci si libera dalla disperazione. Mi si dice che è offensivo parlare di favela e che il governo si sta sforzardo di farla diventare comunità. In effetti sono aumentati gli investimenti in progetti culturali e di urbanizzazione e i programmi per garantire l’accesso a servizi pubblici e al mercato del lavoro. Però il controllo della mala è ancora capillare. Il 28 ottobre vere scene di guerra tra narcos e polizia in altre due baraccopoli: 130 morti.

*Scrittore e docente

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