È stato prefetto di Isernia dal 2011 al 2016: Filippo Piritore ora è accusato di aver depistato l’inchiesta sull’omicidio di Piersanti Mattarella, avvenuto a Palermo nel 1980.
La svolta nelle indagini quarantacinque anni dopo il delitto dell’allora governatore della Sicilia, fratello del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
Piritore era in servizio alla Squadra mobile di Palermo ed è ora ai domiciliari con l’accusa di aver mentito ai magistrati e falsificato passaggi decisivi riguardanti un reperto chiave: il guanto di pelle ritrovato nella Fiat 127 utilizzata dai killer di Mattarella e poi misteriosamente scomparso. Un tassello fondamentale per risalire agli autori dell’omicidio che oggi, secondo i pm, venne fatto sparire proprio dall’ex prefetto di Isernia.
Piritore ha dichiarato di aver consegnato personalmente il guanto all’agente della Scientifica Giuseppe Di Natale affinché lo portasse al pubblico ministero di turno, Pietro Grasso. Entrambi hanno però smentito il racconto di Piritore e neppure negli archivi risulta alcun documento ufficiale che attesti la consegna o il sequestro del reperto. Come se quel guanto non fosse mai esistito.
Per i pm, dunque, la catena di passaggi descritta dall’ex prefetto è “inverosimile e illogica”: troppi buchi, troppe smentite, troppi documenti che non ci sono. Da qui l’accusa di falso e depistaggio che ha portato all’arresto.
Una notizia che ha fatto molto rumore anche a a Isernia dove in tanti, dalle istituzione ai cittadini, ricordano i 5 anni che Piritore aveva passato in città alla guida della Prefettura.


