Con l’inizio di settembre è entrato in vigore il contratto di solidarietà per per tutti i lavoratori di dello stabilimento automobilistico Stellantis di Termoli. Una riduzione a rotazione dell’orario di lavoro a seconda delle esigenze produttive. Non una chiusura, ma di una gestione del lavoro sperando in una ripresa industriale per il 2026-2027. ”Una misura che offre maggiori garanzie ai lavoratori – hanno sottolineato i sindacati – ma non aiuta a superare la crisi produttiva che investe diversi stabilimenti del gruppo”. Secondo le organizzazioni di categoria nel Piano Italia mancano riferimenti precisi per la Gigafactory Termoli e questo preoccupa, non poco. Hanno chiamato in causa Governo e Azienda, per incontri, per delineare un futuro con risposte chiare. In ballo ci sono circa 2000 lavoratori e le rispettive famiglie. Si chiedono tutele occupazionali e cosa si vorrà fare dello stabilimento termolese. “Il lavoro non c’è per tutti. Si va in fabbrica in base alle fluttuazioni di mercato. Ci sono momenti di commesse produttive e altri di fermo”. Sono le parole del segretario della Fim-Cisl Molise Marco Laviano
“I tre motori che si producono qui, non riescono a garantire una continuità di lavoro per tutti i dipendenti – ha continuato il sindacalista – in quanto i propulsori dello stabilimento locale non vengono montati sulla maggioranza delle auto del Gruppo”.
Secondo Laviano “le politiche di investimento di Stellantis con l’amministratore delegato Tavares hanno penalizzato nel momento in cui si è deciso di spegnare la produzione dei motori endotermici senza avere la certezza dei propulsori elettrici. Il nuovo ad Filosa – ha rimarcato Laviano – deve correre ai ripari”.
Il ministro Urso, ha dichiarato di non voler chiudere gli impianti automobilistici in Italia. “Non accetto dichiarazioni del genere – ha concluso il sindacalista della Fim Cisl Molise – se poi gli stabilimenti non vengono messi nelle condizioni di poter garantire volumi produttivi e capacità di occupazione. Governo e Stellantis devono assumersi le proprie responsabilità politiche e sociali”.