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venerdì, Agosto 22, 2025

Angelone, Ordine Geologi Molise: “Fondi revocati al Molise dopo 10 anni di inerzia”

AttualitàAngelone, Ordine Geologi Molise: "Fondi revocati al Molise dopo 10 anni di inerzia"

Riceviamo e pubblichiamo quanto scritto dal Presidente dell’Ordine dei Geologi del Molise Domenico Angelone

LA PREMESSA: COSA C’È IN GIOCO
Il Molise perde un’occasione storica per la sicurezza dei cittadini. Con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale n. 191 del 19 agosto u.s. è stata ufficializzata la revoca del finanziamento destinato alla prevenzione del rischio sismico, fondi messi a disposizione dalla Protezione
Civile Nazionale a partire da sedici anni fa e mai utilizzati dalla Regione Molise, per un ammontare di circa 1,9 milioni di euro.
Per anni l’Ordine dei Geologi del Molise ha sollecitato sia l’attuale che le precedenti amministrazioni a programmare e utilizzare quelle risorse, ma ogni invito è caduto nel vuoto.
Per capire la portata di questa vicenda bisogna partire da due parole che possono sembrare tecnicismi, ma che invece riguardano direttamente la vita quotidiana delle comunità: MS (Microzonazione Sismica) e CLE (Condizione limite per l’emergenza).
La microzonazione serve a conoscere, con precisione scientifica, come un terremoto si propagherà sul territorio, quali aree sono più vulnerabili e dove gli effetti potranno essere amplificati. È lo strumento che consente di progettare scuole, ospedali, strade e quartieri sapendo in anticipo come reagiranno al sisma.
Le condizioni limite per l’emergenza, invece, stabiliscono se un Comune sarà in grado di reggere l’urto di un terremoto: quali edifici resteranno agibili, quali servizi dovranno funzionare subito, come garantire vie di fuga e centri di coordinamento.
Per finanziare questo sistema di conoscenza e prevenzione, lo Stato aveva costruito un meccanismo semplice: i fondi stanziati dalla Protezione Civile attraverso l’articolo 11 del DL 39/2009 venivano distribuiti alle Regioni secondo tre linee precise. La lettera a per gli studi di Microzonazione e CLE, la lettera b per gli interventi strutturali su edifici e opere pubbliche, e la lettera c – in quota residuale – per gli interventi su edifici privati. Una catena logica: prima si studia, poi si mette in sicurezza il patrimonio pubblico, infine,
dove possibile, si aiuta anche quello privato.
Ebbene, i fondi che oggi il Molise è costretto a restituire entro il 18 settembre p.v., riguardano proprio la lettera b, cioè gli interventi strutturali sul patrimonio pubblico ed in minima parte quelli destinati all’edilizia privata, mentre è in attesa di giudizio la parte più consistente relativa alla lettera a).
Era una macchina pensata per trasformare la prevenzione da slogan a realtà. Ma in Molise, come volevasi dimostrare, quella macchina si è inceppata subito.

UN’OCCASIONE MANCATA LUNGA DIECI ANNI
Per oltre dieci anni il Molise ha avuto a disposizione risorse decisive per mettere in sicurezza il proprio territorio, attuare studi di microzonazione sismica e avviare interventi strutturali sugli edifici pubblici e privati più esposti. Si è trattato di fondi ingenti, messi a disposizione dal Dipartimento della Protezione Civile attraverso una serie di ordinanze che hanno distribuito alle Regioni risorse stanziate dall’articolo 11 del citato DL 39/2009. Una misura pensata dopo i grandi terremoti italiani per avviare una vera stagione di
prevenzione, capace di costruire un quadro conoscitivo aggiornato e interventi concreti sugli edifici più vulnerabili. Nel caso del Molise, tra il 2013 e il 2016, sono arrivati più di 29 milioni di euro, che avrebbero potuto rappresentare una svolta storica nella gestione del rischio sismico.
Ma quella che poteva essere una stagione di rilancio si è trasformata in un’occasione mancata: i fondi sono rimasti in gran parte inutilizzati, i procedimenti si sono arenati e, dopo anni di inerzia e rinvii, una parte significativa delle somme è stata revocata. Oggi il Molise si ritrova con un territorio più vulnerabile, privo di strumenti aggiornati e con l’amara etichetta dell’“assenza di programma” riportata per anni nei verbali ufficiali della Protezione Civile.
I NUMERI DELLE ORDINANZE
La cronaca delle somme rende chiara la portata della vicenda. Con l’OCDPC 171/2014, per l’annualità 2013, al Molise furono destinati oltre 9,4 milioni di euro, di cui 814mila per gli studi di microzonazione e circa 8,6 milioni per interventi strutturali su edifici pubblici e privati.
Nel 2014, con l’OCDPC 293/2015, arrivò la stessa cifra: altri 9,4 milioni. L’anno successivo, l’OCDPC 344/2016 stanziò poco più di 7,1 milioni, mentre nel 2016, con l’OCDPC 532/2018, le risorse scesero a 3,6 milioni. In totale, oltre 29 milioni che avrebbero potuto finanziare un salto di qualità nella conoscenza sismica e nella messa in sicurezza.
Una parte, soprattutto quella legata alla microzonazione di terzo livello, è stata recuperata soltanto in extremis, dopo pressioni continue dell’Ordine dei Geologi, ma con un ritardo giudicato vergognoso.
E quel ritardo non fu casuale: derivava da uno spostamento dei fondi destinati a questa attività verso altri capitoli di spesa, una scelta che equivaleva a considerare la sicurezza dei cittadini un tema secondario, sacrificabile per coprire esigenze diverse, spesso di minor rilievo.
Alla fine, l’attuale governo regionale è stato costretto a intervenire con fondi propri per evitare che anche le risorse di cui alla lettera a) andassero perdute, una scelta che da un lato ha evitato il tracollo totale, ma che dall’altro rappresenta la conferma di una gestione opaca e di una pianificazione che non c’è mai stata.
Va inoltre sottolineato che questo stanziamento straordinario non è frutto di una visione programmatoria, ma un intervento tardivo e obbligato, servito unicamente a sopperire all’ “assenza di programma” più volte certificata negli atti ufficiali e a tamponare lo spettro concreto della revoca anche per la Microzonazione e la CLE, più volte anticipata e formalmente segnalata dal Dipartimento Nazionale di Protezione Civile, ormai
esasperato dall’immobilismo della Regione.
Ma perché si è dovuti arrivare a questo punto? Perché non si è scelto fin da subito di valorizzare le competenze e rispettare i tempi?

LE DENUNCE INASCOLTATE
Chi oggi racconta questa storia lo fa con la voce di chi è stato protagonista diretto.
Domenico Angelone, attuale presidente dell’Ordine dei Geologi del Molise, già Segretario nazionale del Consiglio Nazionale dei Geologi e componente della Commissione Tecnica Interistituzionale per la Microzonazione Sismica e le Condizioni Limite per l’Emergenza, istituita con l’OPCM 3907 del 13 novembre 2010, ha seguito passo dopo passo l’iter delle risorse. In quella Commissione, che opera a titolo gratuito presso il Dipartimento della Protezione Civile ed è presieduta dal Direttore dell’Ufficio Rischio Sismico e Vulcanico, i verbali che ogni due mesi venivano redatti contenevano accanto al nome Molise
una sola, costante annotazione: “assenza di programma”. Un marchio che Angelone ha dovuto leggere e sottoscrivere per nove anni, tentandone ogni volta di mutare il destino.
Con lettere ufficiali, richieste di incontri, comunicazioni ripetute, l’Ordine dei Geologi ha cercato di attirare l’attenzione della politica regionale sul rischio concreto di perdere i fondi. Ma le risposte sono state sistematicamente evasive o rinviate, fino al silenzio. E così, col tempo, il rischio si è trasformato in realtà.
“Il paradosso – ricorda oggi Angelone – è che tutto questo era noto, scritto nei verbali, condiviso a livello nazionale. Non si è trattato di un fulmine a ciel sereno, ma di una morte annunciata, che si sarebbe potuta evitare con un minimo di programmazione e di attenzione. Qualche esponente di spicco della Protezione Civile regionale aveva smesso perfino di rispondere al telefono e, quando capitava di incontrarlo casualmente, liquidava la questione con superficialità, minimizzando un problema che invece avrebbe meritato la massima urgenza.”
Nel frattempo le restanti Regioni colmavano l’assenza di programma e procedevano con gli studi.

Anno 2021

LA CONTINUITÀ DEI GEOLOGI MOLISANI
Va detto con chiarezza: non si può affermare che il tema sia stato trascurato dalla categoria. Già gli ex presidenti dell’Ordine dei Geologi del Molise, Giancarlo De Lisio e Domenico Di Lisa, avevano avviato un percorso di denuncia e sensibilizzazione, portando la questione sui tavoli istituzionali e sui media locali.
Comunicati, conferenze pubbliche, lettere ufficiali e appelli formali hanno segnato una continuità d’azione che dimostra come la voce dei geologi molisani non si sia mai spenta.
L’attuale presidente ha sostenuto con forza questa battaglia anche quando ricopriva il ruolo di Segretario nazionale del Consiglio Nazionale dei Geologi, al fianco dell’istituzione ordinistica molisana, proseguendo una linea di denuncia e di proposta già avviata dai suoi predecessori. Un impegno rafforzato dall’autorevolezza derivante dalla partecipazione diretta alla Commissione tecnica interistituzionale. Ma quella voce – che chiedeva soltanto di utilizzare al meglio le risorse disponibili per la sicurezza collettiva – è rimasta inascoltata.
Va riconosciuto, tuttavia, che Chi allora aveva mostrato sensibilità politica ed istituzionale e si era battuto con determinazione a sostegno di questa causa, oggi non è stato più scelto per sedere ancora nei banchi del governo regionale: un segnale amaro di come, ancora una volta, la prevenzione non trovi spazio né peso sufficiente nell’agenda politica.
Perché tutto questo? Perché ignorare chi conosce il territorio e ha competenze specifiche? Perché continuare a sacrificare la prevenzione?

IL PRINCIPIO DI SUSSIDIARIETÀ CALPESTATO
Un nodo centrale di tutta questa vicenda – e non solo – è il mancato riconoscimento del principio di sussidiarietà. Gli Ordini professionali, lo ricorda la legge, non sono associazioni private che difendono interessi di categoria, ma articolazioni dello Stato, strumenti previsti per affiancare le istituzioni nelle scelte che riguardano la collettività. Questo vale per la microzonazione sismica come per la programmazione territoriale, per le grandi opere come per la gestione delle risorse economiche, come per la prevenzione del rischio.
“Il Molise – denuncia Angelone – ha sistematicamente ignorato questo principio. Non si tratta solo di non aver ascoltato i geologi sulla microzonazione, ma di non aver mai coinvolto davvero le competenze diffuse quando si è trattato di programmare, di prendere decisioni economiche, di scegliere un modello energetico, di orientare lo sviluppo del territorio. La politica regionale ha preferito decidere da sola o in piccoli circoli
chiusi, senza avvalersi degli strumenti di partecipazione qualificata che lo Stato stesso ha messo a disposizione. È un errore grave, perché significa rinunciare a un patrimonio di conoscenza che avrebbe potuto guidare scelte più lungimiranti e più giuste per la collettività.”
La conseguenza è stata una distanza crescente tra istituzioni e professionisti, un fossato che ha reso più fragile la capacità di affrontare i problemi complessi. Dove la sussidiarietà è stata applicata – in altre Regioni e in altri contesti – si sono visti risultati concreti: progetti più rapidi, studi completi, piani di prevenzione credibili, risorse economiche spese in tempi utili. Dove invece è stata ignorata, come in Molise, si è prodotta inerzia, ritardi e inefficacia. E non si tratta di un caso isolato, ma di un metodo che si ripete su ogni piano: dalla prevenzione sismica all’uso dei fondi pubblici, dalle politiche energetiche alla pianificazione territoriale, sempre con lo stesso esito, quello di sacrificare la qualità delle scelte e la sicurezza dei cittadini.

L’AGENZIA REGIONALE POST SISMA E IL CONFRONTO CON LE ALTRE REGIONI

Il caso dell’Agenzia Regionale Post Sisma (ARPS) rappresenta un ulteriore nodo critico. La Regione Molise ha affidato di recente a questo organismo il compito di gestire fondi e procedure, ma la scelta si è rivelata discutibile non solo per l’impostazione, tutta rivolta al “post sisma”, come recita lo stesso acronimo ARPS, e non alla prevenzione, ma anche per il metodo adottato. Nelle restanti Regioni italiane, infatti, la gestione dei fondi è stata affidata direttamente ai Comuni, con risultati concreti e con la possibilità di valorizzare i professionisti e le imprese locali. Un modello che ha permesso di mettere in moto economie
territoriali, garantendo occupazione e qualità tecnica, e di avanzare anche con modalità a macchia di leopardo: se un Comune era in ritardo, gli altri proseguivano, senza bloccare l’intero processo.
In Molise, invece, l’Agenzia sostiene che affidare le risorse ai Comuni provocherebbe una paralisi.
Una tesi che non trova riscontro nei fatti: il resto d’Italia dimostra il contrario. “Dire che i Comuni non sarebbero in grado di gestire i fondi è falso – denuncia Angelone – la dimostrazione è che nelle altre Regioni il sistema ha funzionato. Procedere per piccoli passi, anche con differenze da un territorio all’altro, permette comunque di andare avanti. Qui, invece, si è preferito centralizzare tutto, con il risultato che oggi siamo fermi. Anche l’esperienza del Fondo di progettazione (successivamente PNRR) per il dissesto
idrogeologico ha dimostrato l’opposto: quando lo Stato trasferisce direttamente ai Comuni le risorse, senza passaggi intermedi, i meccanismi funzionano in maniera efficace e rapida. I cosiddetti intermediari, al contrario, finiscono per rallentare e ostacolare l’azione, a danno dei territori e della loro sicurezza”.
Il paradosso è ancora più evidente se si guarda al passato: nelle prime ordinanze, immediatamente dopo il terremoto di San Giuliano di Puglia, l’Ordine dei Geologi era stato coinvolto e il Molise era diventato un esempio da seguire, un progetto pilota a livello nazionale. I risultati furono eccellenti, la Regione fu citata come esempio virtuoso. Successivamente, invece, la scelta è stata quella di escludere l’Ordine, ignorare
i professionisti e imporre decisioni calate dall’alto, senza alcun raccordo con le competenze locali. “La Regione e l’Agenzia – sottolinea Angelone – hanno deciso di fare come vogliono, senza ascoltare nessuno. L’Ordine non viene minimamente calcolato, come se non avesse nulla da dire. Eppure l’Abruzzo ha avuto la lungimiranza di credere nell’aiuto degli ordini professionali e i risultati, piaccia o non piaccia, sono scritti: zero fondi revocati. Lo stesso vale per le altre regioni direttamente colpite dal sisma del Centro Italia, come Umbria, Marche, Lazio ed Emilia-Romagna, dove il coinvolgimento degli ordini ha fatto la
differenza. Quando non si è capaci di fare una cosa, basterebbe copiare ciò che funziona altrove e non lasciarsi guidare dall’arroganza.”
Il confronto con l’Abruzzo è illuminante. La Regione vicina, applicando lo stesso criterio – risorse affidate ai Comuni e coinvolgimento dell’Ordine dei Geologi in ogni fase decisionale – ha portato a zero la quota di fondi revocati. Un risultato che smentisce definitivamente la teoria della paralisi e che dimostra come la differenza non stia nei vincoli normativi, uguali per tutti, ma nelle scelte politiche e organizzative.

UNA FERITA APERTA PER LA SICUREZZA COLLETTIVA

Il risultato finale è drammaticamente chiaro: risorse revocate, studi avviati con anni di ritardo, altre somme salvate soltanto in extremis grazie a pressioni e interventi straordinari. Eppure il Molise resta più vulnerabile: senza la microzonazione di terzo livello e senza studi sulle condizioni limite per l’emergenza, ogni piano urbanistico, ogni strategia edilizia e ogni piano di protezione civile poggiano su basi fragili. Un ritardo che pesa ancora di più se confrontato con altre regioni, dove già in corso programmi di revisione e manutenzione degli studi completati, aggiornati periodicamente e utilizzati come strumenti operativi di prevenzione e pianificazione. La revoca non è soltanto un problema di bilancio: rappresenta un danno diretto alla sicurezza collettiva, riguarda la vita stessa delle persone che abitano questa regione. La prevenzione, in Molise, non è mai stata trattata come una priorità, ma come un lusso rinviabile. Oggi paghiamo decenni di scelte miopi, di ritardi e di disattenzioni.
“Non si tratta semplicemente di fondi restituiti – conclude Angelone – ma della sicurezza dei cittadini. È una responsabilità mancata, che ha lasciato il Molise privo di uno strumento indispensabile di prevenzione come la microzonazione di terzo livello. Inoltre, si continua a marginalizzare le competenze dei geologi molisani, che avrebbero potuto offrire un contributo qualificato. L’occasione perduta non riguarda soltanto le risorse, ma soprattutto gli anni trascorsi senza programmazione, con il risultato di un territorio esposto e vulnerabile.”
Lo Stato ha già cambiato rotta da tempo: non assegna più risorse destinate alla Protezione Civile a pioggia, ma le concede solo a chi dimostra di avere una programmazione seria e nei tempi. La domanda è inevitabile: il Molise saprà finalmente farsi trovare pronto o resterà ancora una volta fermo al palo?”

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