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mercoledì, Giugno 18, 2025

Perché Giorgia Meloni, proprio lei, non può essere fascista

AttualitàPerché Giorgia Meloni, proprio lei, non può essere fascista

di Manuela Petescia*

Il fascismo, in tutto il suo orrore, è stato un movimento politico confinato nella prima metà del secolo scorso, figlio dei nazionalismi, dei razzismi, degli imperialismi e della cultura europea complessiva dell’epoca.

Oggi quel tipo di fascismo istituzionale non è solo morto, ma è anche sepolto: l’eventuale riesumazione del suo cadavere è lo spauracchio delle sinistre a corto di argomenti.

Esiste invece un fascismo culturale permanente, assai difficile da scardinare, e gli somiglia molto.

È mostruosamente trasversale, come lo fu il fascismo italiano degli anni ’20, traghettato da socialisti, liberalisti, intellettuali, classi operaie, contadini, piccola-media e alta borghesia, Nord e Sud. Per non parlare delle avanguardie, in quella fantastica confusione tra miraggio di potenza e benessere, desiderio di velocità e desiderio di libertà. Tutto sotto il vessillo dell’ordine, ossia la massima contraddizione della storia.

Il fascismo permanente prende avvio dall’intolleranza verso la libertà delle idee (e delle donne), si insinua nelle pieghe oscure del bullismo, striscia tra la denigrazione etnica e la denigrazione transgender, si esibisce in secchiate di insulti social e promette ordine e cambiamento. Il fascismo culturale è possesso, e sfocia anche nel femminicidio.

Ebbene non serve scomodare Eros e Priapo, il grandioso saggio di Carlo Emilio Gadda sul fascismo, per capire quanto impossibile (perché anti-genetica) sia l’identificazione di Giorgia Meloni con questo fascismo culturale.

Per una sola, semplice, elementare, essenziale, “disarmante” (è proprio il caso di dirlo) motivazione: è una donna. E una donna al potere non ha nessun Priapo da mostrare e da sventolare. Nessun impianto maschilista o esibizionista, quel carattere fallocentrico (o fallocratico) che Gadda studiò in ogni dettaglio e descrisse con lingua ricca e luminosa: i rituali, l’abbigliamento, i simboli, le parole d’ordine, le grandi adunate. Quello stesso Gadda che era stato fra i primi a simpatizzare con il fascismo, ritenuto idoneo a «restituire ordine e dignità all’Italia dopo il caos del liberalismo».

«Un popolo che desidera di essere governato da un fallo di potere e gioisce della violenza», è l’interpretazione più scandalosa ma anche più tragicamente autentica di ogni critica letteraria: «Tutta l’Italia, gridante, sudata, salivante d’amore, s’alzava all’unisono nella passione, nella delizia, nell’urlo: si sentiva posseduta. Ma lo voleva. Lo voleva!» (da Eros e Priapo, edizione Adelphi).

Una donna al potere non scomoda né Freud con le sue analisi della psicologia di massa né noi comuni mortali che osserviamo un po’ divertiti e un po’ arresi quanto l’idea dell’uomo forte, colui che mette ordine tra i sudditi adoranti e palpitanti continui a serpeggiare alimentando il fascismo culturale permanente con tutte le sue derive.

E purtroppo tra i sudditi adoranti e in attesa di Priapo ci sono anche le donne, ecco perché sarebbe necessaria un’analisi del fascismo di genere, l’origine di gran parte delle distorsioni sociali. Analisi che non si farà mai, perché del fascismo di genere fanno parte anche gli uomini (e le donne) di sinistra.

Ma una cosa è certa: Giorgia Meloni non può essere e non potrà mai essere fascista, la sua condizione di donna “disarma” ab origine l’immaginario collettivo.

*direttore

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