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venerdì, Giugno 13, 2025

Festival EMMA, Unione Libero Teatro: “Il teatro di comunità, nuove forme di partecipazione civile”

AttualitàFestival EMMA, Unione Libero Teatro: “Il teatro di comunità, nuove forme di partecipazione civile”

Unione Libero Teatro: riceviamo e pubblichiamo le considerazioni sul finale del festival EMMA

“Partendo dalle premesse che ROTELLO è un piccolo borgo al di sotto di 5.000 abitanti caratterizzato da una economia fragile, che soffre di spopolamento e vi aleggia un senso di impotenza e solitudine, come succede a tanti borghi del Molise, è necessario ripensare metaforicamente a una ricostruzione-rigenerazione, che diventi anche una riappropriazione identitaria della Comunità.
ll legame tra teatro e comunità sembra scontato, visto che fin dalle sue origini questa pratica performativa si è configurata come un’arte a disposizione della collettività, offrendo occasioni di divertimento, di opinioni sulla realtà e di diagnosi sui sistemi sociali a cui si rivolgeva.
Perché il teatro è una forma di racconto e l’impulso a raccontare storie è insito nell’essere umano da quando , differenziandosi dalle altre specie a lui vicine, ha iniziato a proporsi come uomo . L’acquisizione nell’essere umano, di una coscienza di sé come “altro” rispetto al resto dell’esistente ha contribuito in lui allo sviluppo di capacità e mezzi per dominare l’ambiente e ha favorito la comparsa di un senso di superiorità rispetto ad una natura a cui non si sentiva più intimamente legato. Ma poichè ancora resiste il ricordo inconscio di quella originaria appartenenza a un tutto, l’uomo ha sviluppato, accanto al pensiero razionale, il desiderio di trovare modi poetici, immaginifici, simbolici, di rievocare quell’ancestrale flusso della vita intesa come dimensione assai più ampia di ciò che è strettamente umano.
L’impulso istintivo a raccontare storie sarebbe, dunque, uno dei modi, forse il più potente, codificati in noi dall’evoluzione, per esprimere e non perdere il contatto con le nostre origini, con l’universo di forme di vita di cui non siamo, come uomini, che una parte.
Non dobbiamo, però, dimenticare che, la teatralità è stata sempre influenzata nelle sue forme e nelle sue pratiche dai sistemi sociali di cui era espressione. Ma col tempo, da fenomeno popolare, si è orientata alla dimensione professionale di spettacolo con compagnie di attori per un pubblico pagante, in edifici costruiti a questo scopo, con una divisione netta tra il ruolo di attore e di spettatore. Quindi teatro con una progressiva sottrazione del fare culturale e artistico alle persone comuni, ai gruppi, alle associazioni della società civile e alle comunità. Insomma ai danni di tutti quei soggetti ritenuti inadeguati alla produzione artistica a cui invece sembra che solo pochi e talentuosi professionisti possano legittimamente contribuire e essere per questo anche pubblicamente finanziati. Gli stessi artisti finiscono per sembrare, allora, i soli che possono assurgere a prendere parola pubblica e contribuire alla costruzione culturale delle identità sociali e delle memorie collettive. C’è inoltre un ulteriore cambiamento : stiamo da tempo vivendo come comunità di “soglia” tra il passato e il futuro, tra la struttura tradizionale e un’epoca di grandi trasformazioni politiche, economiche e culturali, con legami per certi aspetti ancora forti e prescrittivi e un nuovo ordine industriale, e ormai anche post industriale, che divide il tempo del lavoro da quello sacro e introduce il tempo libero. I legami sociali, si fanno sempre più fragili, organizzati prevalentemente intorno ai nuclei familiari, alle compagini amicali, fin ad arrivare ai singoli individui e alle loro relazioni interpersonali. In queste comunità aumenta il senso di libertà, ma anche quello di insicurezza sociale e di solitudine. Qui sono le dinamiche culturali che costituiscono le comunità e dobbiamo chiederci se possa esserci un’altra “faccia” della relazione tra teatro e comunità . Cercare nuove ipotesi di intervento che vadano all’interno di nuovi campi di aggregazione dei gruppi negli spazi in cui questi originariamente consistono, a livello dei problemi reali che essi vivono per darne anche una trasposizione di tipo fantastico e creare un processo di innovazione culturale che abbracci le realtà del territorio, finalizzato a migliorare la qualità delle dinamiche socioculturali ed economiche nei territori di riferimento.
Pensare a una metafora della ricostruzione che sia anche rigenerazione e che diventi anche riappropiazione identitaria. Come fare ?
Noi, qui e oggi, abbiamo bisogno di ALLEANZE INVENTIVE che siano fonte di produzione di energia sociale per una comunità di cittadini e non solo di consumatori. E le alleanze inventive hanno bisogno di un motore di cambiamento che potrebbe essere l’immaginario, come un patrimonio prezioso, da conquistare e da difendere e per cui vale la pena di impegnarsi, associarsi e avanzare rivendicazioni. Uno dei nemici giurati della qualità della vita individuale e sociale non è infatti solo la povertà economica, ma anche la povertà di pensiero. Ed è fondamentale comprendere che il mondo che vediamo è solo uno dei molti mondi possibili : l’immagine nuova prende il posto di quella attuale , attende di essere verificata , innesca infine un cambiamento più o meno conseguente ad un progetto. Mentre la politica ordinaria ci mette davanti a scenari mortiferi intellettualmente per di più quasi tutti equivalenti, c’è una politica non ordinaria, quella che si è sempre incaricata di cambiare davvero le cose , che agisce nei collaterali: arte, architettura, filosofia. Se non venissero elaborate nuove e visionarie immagini del mondo il cambiamento semplicemente sarebbe impossibile.
I quattro giorni di ” EMMA”, FESTIVAL MOLISANO, TEATRO di COMUNITA’, attivando un pensiero collaterale e controvento , hanno movimentato il il piccolo borgo dando vita a una festa scoppiettante, vivace, partecipata, che ha coinvolto intensamente nella creazione , nelle performances, nella realizzazione di manufatti utili alle rappresentazioni, varie comunità presenti sul territorio, a partire dagli scolari della scuola primaria di Rotello , la Comunità di Recupero Il Girasole, Il Centro di Accoglienza Rifugiati e gli abitanti che incuriositi hanno aderito al progetto, quale conferma che il Teatro Sociale di Comunità sia la scelta giusta per riattivare un borgo.
E la proposta dello spettacolo itinerante “CHISCIOTTE ANDATA E RITORNO”, è stata davvero all’altezza delle aspettative. I bambini si sono rivelati quelli più spontanei, sicuri di sé, attenti e coinvolti nello svolgere le parti assegnate con la naturalezza che sfoderano sempre nei loro giochi quotidiani, svincolandosi dall’ordine del tempo e dello spazio e dimostrandoci che si può e si deve sospendere l’incredulità quando si gioca con l’immaginario, e loro davvero, descrivevano mostri e giganti là dove gli adulti vedono solo mulini a vento. E poi i ragazzi della Comunità Terapeutica, sempre pronti e disponibili nelle prove, recitare con emozione e occhi scintillanti la loro parte che disvelava anche pezzi delle loro, sfortunate, storie di vita. In un angolo della piazza donne giovani e meno giovani di Rotello, ricomponendo , negli ultimi giorni di prove, il gruppo di canto folkloristico, intercalavano, accompagnate da una fisarmonica senza tempo, canti tradizionali , sussurrati sotto voce da tutti i presenti. E in quella girandola di canti, recitati, corse, salti, accompagnati da miriadi di eteree barchette-origami che solcavano l’aria, finalmente le mamme mettevano insieme i pezzi di racconto che i propri figli facevano loro tornando a casa dalle prove .
Insomma magicamente si è creata una comunità di intenti da poter affermare che tra noi non ci sono confini: siamo fatti( davvero) di polvere di stelle!

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