di Giuseppe Mammarella*
Sant’Antonio di Padova è ancora oggi considerato uno dei maggiori referenti presso l’Altissimo anche nell’area basso-molisana corrispondente alla Diocesi di Termoli-Larino.
In pratica è venerato in tutti i comuni appartenenti alla citata circoscrizione ecclesiastica, nata nel 1986 attraverso la piena unione delle due, fino ad allora distinte, diocesi di Termoli e di Larino dove, nelle prime ore del giorno della sua festa (13 giugno) si rinnova la tradizionale benedizione di piccole forme di pane distribuite, poco dopo, ai fedeli e da loro consumate a seguito della recita di una breve orazione. Il cosiddetto “pane dei poveri”, in passato rappresentava, in una certa misura, un aiuto materiale per i bisognosi. In qualche centro, almeno fino agli anni Cinquanta del Novecento, il 13 giugno di ogni anno, alcune famiglie si adoperavano, a proprie spese, per preparare anche un pasto caldo (tagliolini con fagioli in particolare). Il vitto, generalmente, anche nei giorni immediatamente precedenti e successivi al 13 giugno, veniva elargito agli indigenti che si recavano, con degli appositi recipienti, presso le abitazioni dei nuclei familiari che lo produceva.
Non mancava un sano e puro divertimento nel giorno in cui era programmata la festa del Santo che, per assicurarsi l’intervento di un complesso bandistico più o meno rinomato, gli organizzatori erano costretti anche a spostarla di qualche settimana. Le processioni, ancora oggi sempre molto affollate e presenti ovunque, continuano a registrare la partecipazione di fedeli a piedi scalzi in segno di devozione.
Prima di proseguire, mi sia consentito far cenno ad un episodio che, nel corso della ricerca, mi ha particolarmente impressionato. Si tratta di un presunto evento prodigioso, anche in questo caso completamente scomparso dalla memoria. E’ impresso in una intrigante relazione, datata 13 gennaio 1707 e custodita nell’Archivio Storico Diocesano a Larino, in cui si rilevano alcuni fatti straordinari che avrebbero interessato una statua lignea di Sant’Antonio di Padova venerata a Castelbottaccio. Nel documento, anche se mutilo nella parte iniziale, firmato dall’Arciprete di quel centro don Domenico Forgione ed inviato al Vescovo di ‘Guardia’ (Guardialfiera, sede di una piccola diocesi dalla seconda metà dell’XI secolo al 1818) mons. Giovanni Andrea Moscarelli, in quel tempo di stanza a ‘Castelluccio’ (Castelmauro), sono indicati dettagliatamente strani fenomeni (fuoriuscita di liquido dalla fronte e dalle mascelle) che si sarebbero verificati alla presenza di più persone. Dovrebbe trattarsi del simulacro del Santo che, come figura in un inventario dell’8 ottobre del 1700, era posto nella chiesa matrice di “Santa Maria delle Grazie”, ovviamente di Castelbottaccio, presso l’altare maggiore, in “cornu evangelii”.
Sulla scia di quanto avviene a Larino, da tempo immemorabile, con i circa centoventi carri artisticamente addobbati e ricoperti di fiori, trainati da bestiame bovino, che sfilano per le strade cittadine durante la festività patronale di San Pardo, anche a Montecilfone, Palata, Santa Croce di Magliano e Lupara si effettuano manifestazioni del genere legate al culto di Sant’Antonio di Padova, sia pure con dimensioni molto ridotte e significati di gran lunga differenti. Nelle prime due località sono una ventina i carri inclusi nel corteo processionale che, prevalentemente, da diversi decenni, provengono da Larino allo scopo di ricambiare il favore ottenuto con il prestito di alcuni animali utilizzati poche settimane prime nelle sfilate larinesi. Qualche lieve differenza presentano i carri di Santa Croce di Magliano. Si tratta in quest’ultimo caso, “di piccoli veicoli”; tra i pochi carri grandi originari del posto, l’elemento peculiare è “una telaiatura ad arco” addobbata nel cui interno sono posti i cantori della melodia devozionale denominata “carregna”. A Lupara, la processione di Sant’Antonio di Padova si svolge il 22 luglio di ogni anno con la partecipazione di un solo carro su cui troneggia il simulacro del Santo. Non è chiara la motivazione che ha spinto la popolazione dei quattro centri ad introdurre l’uso del carro nel contesto cultuale antoniano.
Anche a Guglionesi c’è traccia della partecipazione di carri addobbati lungo il percorso processionale in onore del Santo di Padova. La documentazione d’archivio ne attesta la presenza nel periodo del secondo conflitto mondiale, fonti orali, però, fanno risalire questa tradizione, oggi non più esistente, ad un’epoca precedente.
Alcune foto eseguite a Santa Croce di Magliano ed a Palata agli inizi del Novecento, testimoniano che l’uso dei carri era certamente già attivo in quei centri nel periodo indicato. Comunque, non è facile pensare che la tradizione dei carri legata al culto di Sant’Antonio possa risalire agli anni precedenti al 1879, per il silenzio assoluto dell’agronomo aretino Vittorio Romanelli nella sua ‘Memoria sull’Organismo Agrario del Circondario di Larino’ (comprendente l’intera attuale diocesi basso-molisana di Termoli-Larino) redatta, in quell’anno, per conto dell’Amministrazione finanziaria dello Stato. Egli si occupa, dettagliatamente, della situazione socio-economica di ben 36 centri, soffermandosi anche sulle “feste ove si impiegano bovi”, di cui cita ampiamente solo la corsa dei carri di San Martino in Pensilis in onore di San Leo e la sfilata dei carri infiorati di Larino in onore di San Pardo.
Mons. Giovanni Andrea Tria, Vescovo di Larino dal 1726 al 1741, nelle sue note ‘Memorie Storiche Civili ed Ecclesiastiche della Citta e Diocesi di Larino, Metropoli degli Antichi Frentani…’, date alle stampe a Roma nel 1744, ci offre anche precise informazioni strettamente legate al culto di Sant’Antonio di Padova.
A tal proposito, grazie a lui sappiamo: che in un’antica chiesa dedicata a San Martino nell’omonimo centro (San Martino in Pensilis) vi era un altare; che a Portocannone “si osserva […] di precetto il giorno de’ 13 giugno per S. Antonio di Padova, come di Padrone principale…”; che a Rotello, nella chiesa madre di Santa Maria degli Angeli era presente un altare; che a Santa Croce di Magliano la chiesa madre era (ed è) dedicata al Santo e che nello stesso sacro edifico era (ed è) presente un apposito altare sormontato da un simulacro ligneo, aggiungendo, poi, che in “un reliquiario fatto a modo di sfera con cristallo avanti” erano custodite, tra l’altro, “delle Ceneri di S. Antonio di Padova” e che la sua festa “si celebra anche di precetto, e con pompa […] a’ 13 di giugno, come Padrone principale e Titolare della nuova chiesa matrice”; che a San Giuliano di Puglia, nella vecchia chiesa madre vi era un altare sormontato da un quadro raffigurante il Santo; che a Colletorto vi erano due altari, uno nella chiesa madre di San Giovanni Battista e l’atro nella chiesa annessa al convento francescano dei Riformati; che anche a Bonefro, vi erano due altari, il primo nella chiesa di San Nicolò, un tempo “extra moenia”, e l’altro nella chiesa di Santa Maria delle Grazie annessa al convento francescano dei Minori Conventuali; che a Montorio nei Frentani, nella parrocchiale dell’Assunta era (ed è) presente un cappellone sotto il titolo del Santo, venerato (insieme a San Costanzo) come “Padrone principale di essa Terra, trasferito co’ i suoi pesi, privilegi, e beni della sua propria chiesa già distrutta, come cadente, che stava nel confine dell’abitato […]. La festa di S. Antonio – prosegue mons. Tria – quantunque da per tutto sia osservata con molta divozione per le continue grazie, che questo Santo impetra da Dio ai suoi devoti, in questa Terra […] si osserva di precetto a’ 13 di giugno…”; che a Ripabottoni era (ed è) posto un altare lungo la navata destra della chiesa madre dell’Assunta e che, in questo centro, da tempo immemorabile “vi è grandissima divozione”; che a Morrone del Sannio vi era, un tempo, una chiesa; che a Provvidenti era (ed è) presente un altare nella chiesa matrice e che, in passato, esisteva una chiesa “posta sotto il piano della Croce”; che a Casacalenda c’era un altare nella chiesa della “Madonna di Loreto”, oggi non più esistente.
A Larino, nella chiesa di San Francesco, un tempo dei Minori Conventuali, sorge un artistico altare dedicato al Santo, sormontato da un bel simulacro di fine Seicento. Sempre a Larino, in cattedrale, in un reliquiario argenteo settecentesco, è racchiuso un frammento osseo del Santo.
A Sant’Antonio è dedicata la seconda parrocchia di Termoli, istituita nel gennaio del 1936. Fino al primo maggio 1975 (data d’inaugurazione dell’attuale nuovo sacro edificio), era in funzione la chiesa un tempo annessa al convento omonimo, gestito, nel corso dei secoli, dalle fraternità francescane dei Minori Conventuali, dei Minori Osservanti e dei Minori Riformati. Sempre nella città adriatica è intitolata al Santo anche la piazza antistante l’omonimo precedente sacro edificio, un tempo annesso al convento.
Dedicate a Sant’Antonio di Padova, inoltre, sono ancora oggi in funzione chiese a Guglionesi (risale al XIV secolo ed un tempo era annessa al convento francescano dei Minori Conventuali), a Castelmauro e nei pressi di Guardialfiera. Tra gli altri sacri edifici della diocesi in cui è presente, da secoli, un altare intitolato al Santo tra i più venerati della Chiesa cattolica, figura Tavenna.
*Direttore dell’Archivio Storico Diocesano di Termoli-Larino