E’ finita come era prevedibile finisse. I cinque quesiti referendari non hanno superato il quorum di legge, quello del 50% più uno dei votanti, e quindi si chiude con un sostanziale nulla di fatto l’iniziativa promossa dalla Cgil e alla quale hanno dato la propria adesione le forze progressiste, associazioni e comitati generalmente riconducibili all’area di sinistra.
Ciò detto partiamo quindi dal risultato finale, di poco superiore al 30%; esattamente 30,58%. Lontanissimo quindi dalla metà più uno dei votanti.
Il Molise, rispetto alla media nazionale, si attesta circa tre punti percentuali sotto la media, con un risultato complessivo del 27,71%. Andando a scorporare il dato quello che emerge è che sono stati di pù i cittadini della provincia di Campobasso a votare che quelli della provincia di Isernia. La provincia di Campobasso totalizza infatti il 28,53% mentre quella di Isernia il 25,52.
La classifica dei comuni, invece, vede Pescopennataro in provincia di Isernia come quello più virtuoso. Nel comune alto molisano si sono infatti recati a votare il 40,4% degli aventi diritto al volto. Considerando i residenti all’estero, qui di fatto il quorum è stato raggiunto dai residenti in paese. Fanalino di coda invece tra i comuni molisani è Sepino, a cui va la maglia nera. Nella cittadina matesina, erede di antichi fasti, si sono recati alle urne soltanto il 14,58% degli aventi diritto.
Si infrange così contro il muro del quorum l’idea che puntava a modificare il mercato del lavoro, abolendo una serie di norme introdotte col jobs act, che mirava a disciplinare in maniera diversa la responsabilità che nascono dal sistema degli appalti e, infine, a ridurre da dieci a cinque i tempi per il riconoscimento della cittadinanza italiana agli extracomunitari.