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domenica, Giugno 8, 2025

La religiosità di Lesina nel Settecento in una lettera custodita a Larino

CronacaLa religiosità di Lesina nel Settecento in una lettera custodita a Larino

L’ultimo giorno dello scorso mese di maggio, al cospetto di un folto uditorio, si è svolta a Lesina la cerimonia di presentazione di un interessante volume, dato alle stampe dall’Amico Studioso Salvatore Primiano Cavallo, frutto dell’attento esame di una corposa lettera scritta nel luglio del 1735 dall’Arciprete della città lagunare don Vito Trojano ed indirizzata al noto Vescovo-Storico di Larino mons. Giovanni Andrea Tria.

La missiva in questione, custodita nell’Archivio Storico Diocesano di Termoli-Larino, la cui unica sede è posta presso l’episcopio dell’antico capoluogo frentano, contiene interessanti notizie sulla festa dei primi due Martiri Larinesi Primiano e Firmiano che ancora oggi si svolge a Lesina “con gran solennità, e concorso de’ Popoli forastieri e si osserva con sua vigilia di precetto […]”.

Come è indicato nella duplice redazione in lingua latina di età medioevale sulla vita di San Pardo, Patrono principale di Larino e diocesi, nell’842 (metà IX secolo), gli abitanti di Lesina e Lucera, approfittando della desolazione di Larino provocata dalla distruzione saracena, si recarono nella città frentana, trafugarono i corpi dei primi due Martiri Larinesi e li portarono a Lesina. Gli abitanti di quest’ultima nascente località lagunare, “con gran pompa principiarono, e continuarono […] a celebrare la festa di S. Primiano e S. Firmiano, come di loro Padroni li 15 Maggio”, innalzando in onore del primo un grande tempio in cui i presuli della città lacuale stabilirono la loro cattedra, soppressa, poi, nella seconda metà del XVI secolo.

Alla citata missiva, presa di mira da Salvatore Primiano Cavallo, mons. Tria, nelle sue “Memorie Storiche Civili ed Ecclesiastiche della Città e Diocesi di Larino, Metropoli degli Antichi Frentani…”, dice di avere accluso anche la copia degli “Statuti della Comunità di Lesina fatti nell’an. 1473, confermati da Ferdinando I d’Aragona Re di Napoli” che, purtroppo, non ci è pervenuta. In questo documento, c’informa sempre il Vescovo-Storico mons. Tria, “parlandosi degli obblighi della Comunità (ovviamente di Lesina), si legge: Festum Sanctorum Martyrum Primiani, et Firmiani Patronorum a Lesinensibus celebrandum die XV Maii cum Processione solemni, et cursu Navicularum expensis Universitatis, praecedente vigilia cun jejunio, juxta solitum, et consuetum”.

Nella missiva del 1735, don Vito Trojano descrive con estrema attenzione la festa dei primi due Martiri Larinesi a Lesina. Si tratta, afferma don Trojano, di un evento di grande importanza per la comunità lesinese che permette una notevole affluenza di fedeli dai centri vicini la cui partecipazione, “attiva e profonda”, ha consentito anche la concessione di “indulgenze plenarie per un periodo di sette anni, a testimonianza dell’importanza di questa celebrazione”.

Parla, inoltre, della presenza a Lesina di due statue in legno raffiguranti il primo Martire Larinese: una molto antica con la figura del Santo “nella sua interezza, con proporzioni armoniche”; l’altra, invece, è rappresentata da un busto realizzato nel 1712 dal noto scultore Giacomo Colombo. Quest’ultima, acquistata dalla comunità per 80 ducati, è quella venerata ancora oggi.

In questa città di Lesina – prosegue don Trojano nella sua missiva diretta a mons. Tria – Dio attraverso il nostro glorioso Protettore San Primiano, concede molte grazie ai suoi devoti cittadini. Quando desiderano la pioggia, gli amministratori locali chiedono all’Arciprete di portare in processione il Santo a Santa Maria di Ripalta. Io avviso preventivamente il popolo con un sermone, esortandolo a purificarsi dai peccati per rendere efficaci le preghiere […]. Il giorno stabilito, al mattino presto, tutto il popolo si riunisce in chiesa. Le vergini, con le trecce sciolte e corone di spine in testa, sono guidate da donne oneste. Seguono poi i confratelli delle Congreghe laicali […] vestiti con sacchi, cinture e mozzette. Quattro di loro portano la statua, recitando il Santo Rosario e le litanie […] fino a Ripalta. Al ritorno, nel pomeriggio, i cittadini che, per motivi validi, non sono potuti venire a Ripalta, vengono incontro alla processione a circa un miglio dalla città di Lesina […]. Si espone la statua finché non si riceve la grazia della pioggia. Spesso la pioggia arriva subito […] altre volte […] uno due o tre giorni dopo […]”.

Don Trojano conclude la sua lunga ed accurata descrizione, resa nota grazie allo studio di Salvatore Primiano Cavallo, esprimendosi con questi termini: “Nel 1730 ci fu a Lesina un’epidemia che causò molte morti. Si portò in processione il Santo […] si espose il simulacro e immediatamente l’epidemia cessò. Quando il cielo si oscura minacciando tempesta, si corre in chiesa, si suonano le campane e si apre la nicchia del Santo. La tempesta devia, passando sul Bosco Isola, sul mare o sul lago, senza causare danni. Insomma, quando si desidera il bel tempo, si espone la statua e il Signore concede la grazia”.

Il bel volume di Cavallo, contenente anche una mia modesta prefazione, fortemente voluta dall’Autore che ovviamente ringrazio, si avvale della presentazione e della postfazione di altri due Amici Studiosi dell’antica Daunia, Giuseppe Di Perna e Antonio Fernando Lombardi.

Giuseppe Mammarella

Direttore Archivio Storico Diocesano

Termoli-Larino

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