di Agostino Rocco*
La Provincia di Isernia non ha festeggiato i suoi 55 anni di vita, ricordati solo da Telemolise e da qualche altra emittente locale. Un anniversario non sotto tono, ma addirittura ignorato dalle istituzioni, compresa la stessa amministrazione provinciale. Silenzio tombale su quella che veniva vista, 55 anni fa, il 4 marzo 1970, come una conquista storica rivitalizzante dell’intero Alto Molise. Invece, da molti anni mai flop fu più catastrofico. Commercio in coma profondo, ucciso da centri commerciali e supermercati, tanto che Corso Garibaldi, la main street cittadina, è oggi una lunga e tristissima fila di saracinesche abbassate.

La stazione ferroviaria, un tempo catalizzatrice di arrivi e partenze, nella piazza affollata dai soliti noti che passeggiavano davanti ai bar affollati, è chiusa per la maggior parte delle ore. Dei giorni e degli anni. Bus dagli orari inattendibili dovrebbero assicurare servizio sostitutivi dei treni, in attesa del completamento della linea elettrificata. Lavori infiniti di cui non si vede mai il termine reale. Non siamo il Giappone, con i suoi supertreni a 650 chilometri orari che al massimo fanno dieci secondi di ritardo. Ma siamo anche dietro il centro Africa, eppure non abbiamo il Sahara che ci separa da Campobasso e Termoli. Wikipedia dà subito la valutazione nuda e cruda: “la provincia di Isernia è una provincia italiana del Molise di 78 891 abitanti, la meno popolosa d’Italia. Fanno parte del suo territorio 52 comuni, molti dei quali non superano le mille unità .” Siamo in fondo a tutte le classifiche, avevamo tre ospedali e ora ne è rimasto uno solo, colpito dalla scure dei tagli per ridurre le spese. Le scuole vengono accorpate, le segreterie chiudono, gli alunni diminuiscono, i presidi pure.
La scuola più titolata, il liceo classico Onorato Fascitelli, fucina di migliaia di onorati professionisti, è accorpato allo Scientifico Majorana e addirittura rischia di sparire per mancanza di alunni. Il nucleo industriale di Pozzilli, di fatto, non esiste più. Per non parlare della ex Ittierre, fallita, ex vanto del tessile nazionale, della Volani Sud e delle tante industrie atterrate nel Venafrano e passate a miglior vita, si fa per dire. Anche l’allora fiorente centrale del latte, Pentrialat, è sepolta tra i rovi di Sant’ Agapito. Tutto chiuso, come per uffici postali, Banca d’Italia , uffici statali e provinciali. Effettivamente, c’era ben poco da festeggiare, referendum dei separatisti a parte. Vogliono aggregarsi all’Abruzzo e ricordano tanto l’orchestra del Titanic che suonò fino alla fine, per sprofondare nei 3000 metri di mare al largo di Terranova. I politici? Beh, forse non hanno armi né cartucce da sparare. Quindi, restano i selfie.
*Giornalista