Non c’è alcuna prova del concorso negli omicidi colposi di singoli pazienti a carico degli indagati nell’inchiesta sui morti per Covid 19.
E’ il nocciolo della ricostruzione con la quale la Gip del tribunale di Campobasso, Roberta D’Onofrio, ha accolto al richiesta del procuratore Nicola D’Angelo e ha archiviato il procedimento a carico di dieci tra funzionari e medici dell’azienda sanitaria regionale.
Alla base delle indagini, alcuni esposti presentati da famigliari di persone decedute al Cardarelli e uno del gruppo del M5s in Consiglio regionale. Tutto, però, ha avuto inizio il primo gennaio del 2021 quando a una donna ricoverata in Chirurgia era stata trovata positiva al Coronavirus. Da lì il virus si era diffuso ad una decina di persone del reparto, tra pazienti e operatori sanitari.
Era stato lo stesso direttore Santopuoli, difeso nel procedimento da Roberto Sallustio, a informare della situazione i vertici dell’Asrem. Un travaso di pazienti dal Pronto Soccorso era forse stata l’origine della falla. Ma tutte le indagini non hanno riscontrato colpa o dolo nella gestione dell’emergenza. La direzione sanitaria, scrive nell’ordinanza la Gip Roberta D’Onofrio, aveva impartito delle prescrizioni per contenere il contagio e anzi per impedirlo: percorsi dedicati a pazienti Covid e un’area grigia nei singoli reparti per pazienti provenienti dal Pronto Soccorso con il test rapido negativo e fino all’esito del tampone molecolare.
E sia Oreste Florenzano, all’epoca dei fatti direttore generale difeso da Mariano Prencipe, che la direttrice sanitaria Maria Virginia Scafarto difesa da Mirella De Santis, avevano predisposto il piano per la gestione Covid rispettando tutti i parametri. Un giudizio che aveva espresso anche l’ispettore del Ministero della Salute che in seguito alle denunce aveva effettuato un sopralluogo al Cardarelli giudicando efficaci le misure adottate. Un fatto decisivo, lo ha ritenuto il Gip, per escludere ogni colpa in capo al direttore generale e alla direzione sanitaria.
Nessuna colpa o dolo sono stati riscontrati nel mancato funzionamento dell’erogazione dell’ossigeno. Nessun nesso, ha individuato il Pm che ha stralciato ogni singolo caso di decesso senza trovare alcuna prova in capo alle persone indagate.
Posizione a parte quella di Angelo Giustini, difeso da Danilo Leva e Giuseppe Stellato. L’allora commissario ad acta per la sanità aveva proposto l’ospedale di Larino come centro Covid, che però gli stessi ispettori ministeriali avevano giudicato inidoneo per strutture e dotazioni. Ma questo, sottolineano i magistrati, non prefigura alcun reato.
Nel procedimento, a vario titolo, erano coinvolti anche Celestino Sassi, Giuseppe Cecere, Pancrazio La Floresta, Luca Iorio, Paolo Polisena e Franco Doganiero. Per tutti la procura ha chiesto l’archiviazione, disposta dalla Giudice D’Onofrio. I promotori delle denunce, persone offese, Francesco Mancini e Nadia Perrella, divesi da Vincenzo Iacovino e Andrea Ruggiero, avevano in passato impugnato le richieste di archiviazione.
“Continueremo a chiedere giustizia davanti ai giudici civili che hanno già emesso le prime decisioni riconoscendo le relative responsabilità”. Così l’avvocato Vincenzo Iacovino, legale del Comitato dei familiari delle vittime del covid in Molise, commenta la decisione del gip del tribunale di Campobasso Roberta D’Onofrio che ha archiviato oggi una delle inchieste sulla gestione della pandemia in regione, inchiesta scaturita proprio da due esposti presentati dal Comitato. “Per il giudice – aggiunge Iacovino – non ci sono condotte penalmente perseguibili per le criticità denunciate da cittadini, medici, infermieri, pazienti, sindacati e parte della politica, durante la gestione della pandemia. Attendiamo l’esito delle altre indagini in merito alle denunce promosse dal Comitato familiari delle vittime covid. Si spera che almeno il tempo sia un gran Signore nel regno del Molise”.