16.5 C
Campobasso
lunedì, Maggio 20, 2024

Omicidio De Vivo, le motivazioni della sentenza: “Non fu leggittima difesa”

AperturaOmicidio De Vivo, le motivazioni della sentenza: "Non fu leggittima difesa"

La partita a poker della Vigilia di Natale saltata per una fregatura da 50 euro. Pochi grammi di cocaina, considerati un pacco, avevano scatenato una lite, sfociata poi nella morte di Cristiano Micatrotta.
Omicidio volontario ma senza la premeditazione. Nelle 71 pagine delle motivazioni il giudice che ha presieduto la Corte d’Assise nel processo a carico di Giovanni De Vivo ha ritenuto concordanti le prove e le testimonianze raccolte la sera del 24 dicembre del 2021 per arrivare alla condanna dell’imputato.
Prima le minacce e gli insulti attraverso messaggi wathsapp sui rispettivi cellulari. Lo scambio sui telefoni dello stesso imputato e di Alessio Madonna, cognato della vittima, alla quale erano destinati gli improperi perché De Vivo non aveva il numero di cellulare.
Lo scontro in via Vico, a poche decine di metri dall’abitazione di Gianni De Vivo. Prima spintoni e qualche calcio, come ha raccontato nel corso del processo un vicino di casa che aveva visto il terzetto litigare nel piazzale sottostante. Poi l’improvviso colpo sferrato alla gola con un coltello da cucina. Un solo fendente. L’automobilista davanti al quale si era frapposto Cristiano Micatrotta lo aveva soccorso mentre perdeva sangue dal collo e dalla bocca. Un colpo mortale che gli aveva lesionato l’arteria e provocato la morte per asfissia in pochi minuti, come ha ricostruito il medico legale nell’autopsia.
Pochi dubbi su come si sono svolti i fatti. Esclusa l’ipotesi della legittima difesa e dell’eccesso di legittima difesa, troppo squilibrato il rapporto tra chi aggredisce a mani nude e chi dispone di un coltello con una lama di 13 centimetri ha argomentato il giudice Salvatore Casiello, esclusa la premeditazione resta l’imputazione per omicidio volontario.
La difesa aveva chiesto il rito abbreviato in fase di udienza preliminare, che non poteva essere concessa per un reato che in ipotesi prevede l’ergastolo per l’eventuale aggravante della premeditazione.
Esclusa la quale, ha scritto il giudice nella motivazione, può invece essere concesso, il rito abbreviato, con le riduzioni della pena previste dal codice.
Al termine del dibattimento, la Corte d’Assise di Campobasso, presieduta dal Salvatore Casiello ha condannato Giovanni De Vivo a 15 anni e 4 mesi di reclusione.

Ultime Notizie