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venerdì, Dicembre 26, 2025

Molise, in un itinerario di scoperte

AttualitàMolise, in un itinerario di scoperte

Riceviamo e pubblichiamo il contributo di Vincenzo Di Sabato

Andar per luoghi – in tempo di vacanze – in cerca di bellezze in questo nostro Molise ricco di splendori antichi, di sapori, di saperi, di natura, di arte, di storia. Ancor più bello è andar alla scoperta di rarità e di segreti nascosti che pur, qui, ci sono. E, da noi c’è pure un senso ancor più nascosto, nel mistero delle pietre e del bronzo.
Nella piacevole monografia “l’Antro del Vulcano” Gioconda Marinelli scrive di una grande campana di Guardialfiera del 1500, di 13 quintali, sulla cui balza predominava una croce misteriosa. Era incrinata e venne rifusa un secolo fa nella Fonderia paterna, e intronizzata nel nuovo campanile di Guardialfiera. Oltre ad eternare i nomi di 36 giovani guardiesi caduti nella Grande Guerra, il nuovo campanone (anch’esso di 1,3 tonnellate) riproduce, tra i fregi decorativi, anche la enigmatica Crux già effigiata nella vecchia tintinnabula. Si tratta di un irresistibile, stimolante rompicapo; un crittogramma sinuoso, un “unicum” di autore ignoto.
Copiose lettere dell’alfabeto latino – seppur disposte in perfetta simmetria nel palo centrale e nelle braccia laterali della Croce greca – si rivelano di impraticabile lettura e interpretazione. Finché, individuata nella lettera “C” centrale la chiave di decodificazione, è possibile leggere, con sorprendente gusto, in direzione orizzontale, o verso destra o a sinistra, oppure in senso verticale superiore e inferiore, addirittura a zig-zag, il termine CRUX e, man mano, le poche parole che costituiscono l’antifona ad un salmo incluso nel breviario preconciliare e recitato, nel tempo liturgico della passione. Eccoci alla soluzione: Crux Domini, mihi mecum certa salus et refugium est, quam semper adoro”. Cioè: “Adoro la Croce del Signore, che è per me rifugio e salvezza”.
Questo Campanone, stranamente, è forse i’unico sacro bronzo scampato alla requisizione, dell’ultima grande guerra, per essere convertito in armamento bellico. L’improvvisa rivolta di popolane, nel luglio 1943 (gli uomini erano quasi tutti chiamati alle armi) le urla inferocite della folla, l’intervento scaltro, suggerito dall’Arciprete Caluori a ragazzotti, di penetrare per botole traverse dentro la sala campanaria, mettono in fuga Biase Galasso, ramaio di Agnone a Casacalenda, e quattro altri sbigottiti requisitori.
Altra realtà grandissima è svelata dalla “Pietra Rotas”, incastrata fra le masse murarie della chiesa di S. Maria Ester in Acquaviva Collecroce. E’ un reperto ragguardevole tratto, probabilmente dalla archeologia di Pompei ed Ercolano, laddove era presente già lo stesso cimelio Si tratta di un quadrato magico, altamente suggestivo la cui espressione può appartenere soltanto a quella dei primi cristiani. E, dagli Atti degli Apostoli, (At.28, 13-14) leggo infatti che Paolo di Tarso, nell’anno 63, mentre si levò lo scirocco, sbarcò a Pozzuoli laddove incontrò già alcuni credenti.
Il quadrato è composto da cinque parole su cinque righe, così come riportate nella tabella a fianco. E si possono leggere sia da sinistra a destra; sia da destra a sinistra; sia dall’alto in basso, sia viceversa.
Cosa dicono? Qualcosa è risolto nel secondo rigo “Arepo”. Qualcuno dice che è un nome proprio; altri lo traducono come “Aratro”. E ciò aumenterebbe la densità cristiana del messaggio, visto che l’aratro, assieme all’àncora, all’ascia, all’albero della nave, erano i simboli nascosti della Croce. E la traduzione, in questo caso, andrebbe letta così: Cristo che semina il buon grano; l’aratro (cioè la croce) tiene col suo sacrificio (opera) le “ruote” del destino dell’uomo, nell’universo”.

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