di Domenico Di Lisa*

Scriviamo un’altra storia, era lo slogan di Gravina e del cosiddetto “campo largo”, diventato rapidamente “campo basso” ed infine “campo santo”. Un’altra storia che scriverà però il centrodestra. L’ennesima. Il centrosinistra, o “campo” in qualsiasi salsa, al più la leggerà, ma non credo avrà la capacità di trarne alcun insegnamento. Non lo ha mai fatto.

A quasi due settimane dalla disfatta si leggono dichiarazioni sconcertanti. Le elezioni si possono anche perdere, perché magari non ci sono le condizioni per vincerle. Ma non è questo il caso. Infatti il quadro all’interno del quale si sono svolte le elezioni regionali descrive un Molise che vive una crisi senza precedenti, con un decremento della popolazione – in percentuale il più alto d’Italia – e con la pesante modificazione della struttura demografica, determinata dalla perdita soprattutto della frazione più giovane e l’ulteriore invecchiamento della società. Nel giro di pochi anni il decremento demografico, che porta con sé anche un enorme problema di carattere democratico che nessuno analizza, è destinato a raddoppiare. Fra qualche anno ci sarà il Molise ma non i molisani. Il sistema sanitario pubblico è stato ormai completamente smantellato ed ha accumulato un debito stratosferico, la viabilità è in uno stato di degrado spaventoso, il sistema di trasporto è al collasso, la macchina amministrativa regionale è praticamente inesistente e quella rimasta è del tutto inefficiente, il sistema produttivo è ai minimi termini.

Di fronte a questo scenario solo qualche mese fa nessuno avrebbe scommesso sulla vittoria del centrodestra. Ma il centrosinistra ha fatto di tutto per perdere.

Infatti invece di partire da un confronto con le residue parti vive di questa società per fare una analisi vera della situazione e sviluppare proposte all’altezza della sfida che ha di fronte il Molise, per rimotivare, appassionare e a convincere che non solo è possibile ma doveroso provare ad invertire la rotta, il centrosinistra si è asserragliato e consumato in estenuanti discussioni solo sul nome del candidato presidente. Che è importante se legato al progetto ed al programma, ma sterile, ed oggettivamente noioso e stucchevole, nel modo in cui è stato affrontato: i nomi sono importanti se funzionali al progetto ed al programma che si intende realizzare, altrimenti un nome vale l’altro. Ma qualcuno è riuscito ad intravedere una parvenza di progetto?

Il tavolo del centrosinistra più che aprire un cantiere con la società, che avrebbe dovuto avere l’ambizione di salvare e far rinascere il Molise, si è distinto seguendo logiche stantie ed ha dato l’impressione di essere ad un mercato delle vacche.

Tali comportamenti mi hanno fatto venire in mente Flaiano: la situazione politica (del Molise) è grave ma non è seria.

Per non parlare della fase successiva, quella della costruzione delle liste. La destra ha riproposto tutta la giunta uscente con codazzo di consiglieri di maggioranza, ad eccezione di Toma, e il centrosinistra quasi tutta la giunta Frattura, ad eccezione di Frattura stesso, che un decennio fa pur di vincere si alleò organicamente con il “puparo del Molise”, definizione che prendo in prestito da una candidata del centrosinistra all’epoca fautrice dell’alleanza.

Cosicché abbiamo assistito ad un revival da incubo, che ha riportato l’orologio della storia a dieci anni fa. Con l’aggravante che a questo gioco a costruire la macchina del “tempo passato”, si sono aggiunte le comparse che dieci anni orsono si smarcarono dall’abbraccio con il “puparo”, ricomponendo un cast ed una sceneggiatura da oscar. Il centrosinistra, Romano e grillini compresi, con una disinvoltura ed un cinismo disarmante ha candidato uomini provenienti dal centrodestra a dimostrazione che non solo non ha cercato di introdurre elementi di rottura e di superamento di questo sistema infeudato, marcio e dannoso per la collettività, funzionale unicamente alla occupazione di posti di potere, ma ha di fatto lavorato per la sua definitiva istituzionalizzazione. Il cambio di paradigma avrebbe richiesto generosità e spirito di sacrificio, disponibilità a farsi da parte, che nessun gruppo dirigente ha inteso fare. L’unico scopo è stato la propria sopravvivenza.

Si poteva costruire il tanto declamato cambiamento su questo terreno?

Il centrosinistra ha seguito logiche e comportamenti sostanzialmente sovrapponibili a quelle del centrodestra. Invece di puntare sulla politica ha messo in mora la politica ed ha rincorso il centrodestra sul terreno del voto clientelare, familistico, “puparo” docet, come se le elezioni regionali fossero le elezioni di un grande condominio.

Gran parte dei responsabili della disfatta tacciono, non una analisi vera, seria. Gli stessi grillini che cinque anni fa da soli hanno ottenuto 64.875 voti, pari 38,5% dei voti validi, oggi con una dichiarazione disarmante del coordinatore regionale affermano che “le elezioni Regionali hanno dimostrato che non conta tanto la leadership né il programma in Molise, dove la differenza la fanno i candidati, le conoscenze dirette”. Esattamente quanto affermato da Patriciello. Allora anche i grillini nel 2018 hanno ottenuto quel risultato straordinario sulla base di una poderosa macchina clientelare messa in campo? No. Piaccia o meno i pentastellati nel 2018 hanno intercettato un malessere reale della società molisana, che chiedeva l’archiviazione di gruppi di potere e delle logiche politiche che esprimevano, salvo poi ad adeguarsi rapidamente al sistema che dichiaravano di voler archiviare.

Anche in Molise si può vincere con la politica e non solo con le reti clientelari. Bisogna crederci, lavorare e comportarsi coerentemente. Nel programma di Gravina, persona a modo e rispettabile, e del centrosinistra, invece, non è citata una sola volta la parola politica, quasi fosse una parola blasfema. E poco conta se il centrodestra il programma non lo ha proprio presentato. Gioca seguendo quelle logiche e quei sistemi che non appartengono, o meglio non dovrebbero appartenere alla sinistra.

Se non è con la politica che si può governare e cambiare la società ma attraverso la conta degli amici, compari, familiari, clienti, perché si vuole ammantare di politica una competizione tra soggetti il cui unico scopo è l’occupazione di posti di potere lautamente remunerati? E perché chi non è direttamente interessato alla contesa dovrebbe appassionarsi e mobilitarsi?

*Storico esponente della sinistra regionale

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