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martedì, Marzo 19, 2024

Il Commissario Toma e le aziende sanitarie: l’arte della mediazione

AperturaIl Commissario Toma e le aziende sanitarie: l'arte della mediazione

di Manuela Petescia*

Lascia interdetti, a volte, la leggerezza con cui la classe politica dominante, che sia di sinistra, che sia di destra, che sia di centro o che sia di niente, distribuisca in etere parole come “ridimensionamento” o “chiusura”.
Non ce la fa un’azienda ad andare avanti?
È la legge del mercato, qual è il problema, che chiuda.

Telemolise visse sulla propria pelle la spocchia, l’arroganza e la disgrazia di un centrosinistra che per un mero dispetto, e cioè per spegnere una voce scomoda, si inventò una legge per l’editoria che finanziava tutto il mondo della comunicazione, murales compresi, ad eccezione della nostra tv.
E che la nostra tv custodisse 40 anni di storia regionale e offrisse lavoro a 100 dipendenti, non fregò niente a nessuno: dall’alto dei lauti compensi della politica regionale – che si incassano magicamente mese per mese e senza sforzo alcuno- le famiglie degli altri possono anche morire di fame.

Gli uomini passano Telemolise resta, fu la reazione della nostra azienda, e così abbiamo pazientemente atteso 5 anni per poi prendere le telecamere e filmare con sommo gaudio la faccia di Frattura che abbandona la politica, sommerso dalla impopolarità e dal malcontento, dopo la sua fallimentare esperienza alla guida della Regione.
Ma non tutte le imprese hanno la forza di sopravvivere.

È di questi giorni la drammatica contrapposizione tra le aziende sanitarie private convenzionate e la Regione.
Il tema è quello del tetto massimo ai budget di spesa, fissato dal Presidente-commissario Toma, e la vicenda assume toni drammatici non solo perché si mette a rischio l’offerta di servizi sanitari d’eccellenza, ma anche perché un’eventuale chiusura comporterebbe nuove catene di disoccupati a effetto domino e un ulteriore impoverimento della nostra regione.

Le ragioni questa volta sembrano appartenere a entrambe le parti: il Commissario null’altro fa se non applicare la legge – una legge peraltro disattesa da più di 10 anni – le strutture private null’altro fanno se non comunicare l’impossibilità di sopravvivere tarando le prestazioni sulla domanda interna: l’esiguità della popolazione molisana non copre i costi di quelle branche specialistiche, dunque il crollo della mobilità attiva le costringe a chiudere.

Ma questa piccola e povera regione non può permettersi la perdita di tre o quattrocento posti di lavoro.
L’esempio di Boiano, la cui economia ruotava attorno alla Gam, o l’esempio di Isernia, il cui splendore ruotava attorno alla Ittierre, dovrebbero far riflettere.
Un tempo floride, culturalmente attive, giovani, vivaci, oggi non hanno più nulla, nemmeno il cinema, e il lento e inesorabile declino, lo stillicidio delle chiusure a catena (dai negozi alle botteghe artigianali, dalle piscine ai pub, dagli alberghi alle discoteche), trae origine proprio dal crollo di quei poli industriali.

E allora, se la storia recente insegna qualcosa, altro non resta che fermare i motori e avviare un confronto sereno all’insegna dell’arte politica più antica del mondo.
L’arte della mediazione.

*direttore Telemolise

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